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Ma si, diamoci al sesso sfrenato!!
Robertoooo, amministratoriii...

Angelo | 25/11/2014 ore 12:20:02 | @

 

Magari una folgorazione sulla via di Damasco. E sì che a qualche uomo politico il padreterno ha concesso anche i tempi supplementari per pensarci su.

yorick | 13/11/2014 ore 19:33:28

 

Io sono anni che apro il giornale aspettando di trovarci la notizia del disvelamento di una serie di personaggi: uomini politici, ma non solo.

roberto alajmo | 13/11/2014 ore 11:06:10

 

Sono anni che ne sono convinta. L'antimafia come alibi.

fara | 13/11/2014 ore 07:53:59

 

Ma Lucio chi l'ha prodotto? E il Pozzo dei Pazzi già annunciato per l'anno prossimo chi lo produrrà? Possibile che tutti mi debbano spiegare cosa devo fare, come devo farla, quando
farla, dove farla e perché farla? Abbiate tutti pazienza: il mio contratto dura cinque anni, poi sicuramente troverete un direttore migliore di me.

roberto alajmo | 09/11/2014 ore 08:43:26

 

Un artista da adottare: Franco Scaldati
Universo Scaldati a Palermo, Cantieri della Zisa, Teatro Biondo 31ott. e 1 novembre
Valentina Valentini
Il mio investimento rispetto allo scrittore-attore Franco Scaldati si fonda su motivazioni professionali, etiche e politiche: riguarda il teatro che studio con partecipazione - e la politica delle istituzioni che combatto perché non si prende cura dei suoi artisti di valore, al contrario nutre e titilla quelli senza qualità. Questo impegno mi ha portato, dopo la morte di Franco Scaldati ( giugno 2013) a elaborare e sostenere un progetto: pubblicare la produzione letteraria che Franco Scaldati ha scritto destinandola al teatro dal 1978 al 2013. Sono 60 testi inediti e 13 editi ( le due raccolte Il teatro del sarto che risale al 1990, Il Teatro dell’Albergheria del 2009, testi singoli Pupa, regina Opere di fango, 2005 , La gatta di pezza 2008, tutti per Ubulibri di Franco Quadri ; Lucio,1997 e Totò e Vicé, 2003 per Rubbettino, e altre edizioni meno note. Da questi dati: 60 testi inediti e 13 editi - risultanti da un lavoro di schedatura dell’archivio Scaldati intrapreso come ricerca per una tesi di laurea magistrale di Viviana Raciti (Sapienza,Università di Roma ), di cui sono tutor - si deduce che conosciamo molto parzialmente il suo percorso di scrittore, le strutture drammaturgiche, le fonti, le sue relazioni con la tradizione letteraria e teatrale. Lo spazio critico a lui dedicato fino a oggi è quasi inesistente e nutrito di non pochi equivoci. Scopriamo, fuori dall’ombrello beckettiano sotto cui è facile trovare ricovero, Pirandello, Verga, riscritture di Shakespeare, l’Odissea….. Siamo convinti, alla luce dei testi pubblicati e di quelli che andiamo leggendo e scoprendo, che Franco Scaldati sia uno scrittore che contribuirebbe ad arricchire l’identità del teatro e della letteratura italiana del secondo novecento, se si ottemperasse all’obbligo di far circuitare le sue opere- a mezzo stampa, sul web, sulla scena….
Pubblicare i suoi testi in volumi stampati è prioritario ma non sufficiente: insieme bisogna realizzare un archivio (materiale e via web) della produzione letteraria e spettacolare di Franco Scaldati. La motivazione è che di ogni testo esistono numerosi versioni, ciascuna preparata per il lavoro di messa in scena, per la contigenza di presentare uno spettacolo. Questa natura di testo con variazioni veicola una nuova idea di testo che non smette mai di variare, come lo spettacolo, e pone agli studiosi e ai registi problemi nuovi con cui confrontarsi. Scrittura e pratica teatrale si inscrivono infatti in un contesto sperimentale in cui vige una interdipendenza fra scrittura solitaria del testo e sua verifica con le voci, i corpi degli attori nello spazio, relazione che porta la scrittura all’interno della pratica scenica, assumendone i tratti di processualità. Ragion per cui, studiare i testi, pubblicarli, preparare delle edizioni critiche è un lavoro che non va disgiunto dalla pratica di messa in scena di questi testi, sia con gli attori che hanno lavorato con Franco Scaldati (e a Palermo non sono pochi) che con attori e registi italiani e stranieri interessati e invitati a confrontarsi con questa drammaturgia. Si tratta di procedere in parallelo: costruire l’archivio raccogliendo i documenti scritti, video, audio, fotografici; digitalizzare, metadatare e mettere on line. E prepararne di nuovi, come le interviste in video che Umberto De Paola sta realizzando con gli studenti dell’Accademia di Belle Arti di Palermo in cui recupera la personalità di Franco Scaldati, il suo lavoro, la sua dimensione umana e artistica dalle testimonianze di chi ha condiviso vissuti ed esperienze. Progettare e costruire l’archivio richiede competenze di un gruppo, la collaborazione con dottorandi e studenti magistrali di diverse facoltà universitarie e discipline (letteratura, teatro, antropologia, musicologia, filologia,etc).
Quanto delineato è una prospettiva condivisibile e condivisa, un progetto che sarebbe giusto, razionale e utile e sano realizzare a Palermo, come sede naturale.
La giornata di dibattito che si è svolta al Teatro Biondo ha introdotto punti di vista di giornalisti, registi, istituzioni: il nuovo assessore alla cultura del Comune di Palermo, Andrea Cusumano e il direttore del Teatro Biondo, lo scrittore Roberto Alajmo. Attraverso una dichiarazione in video e un testo scritto sul suo blog, Alajmo sostiene: “ Scaldati è un parroco di campagna molto amato dai fedeli, capace di toccare le corde del loro cuore. Poi è stato portato a dire messa in cattedrale, dove era difficile distinguere la sua voce sommessa. E magari solo a celebrare messa”. Questa metaforica polarità fra una periferia campagnola (il teatro off , indipendente) e un centro (il Teatro Stabile della città ) in cui sarebbe stato cooptato, è schematica. E’ vero che alcuni spettacoli di Franco Scaldati sono stati prodotti dal Teatro Stabile durante la direzione di Roberto Guicciardini (1994-1996) e di Carriglio, ma questo dato non ci porta a contrapporre uno Scaldati puro – quello delle parrocchie di campagna – da uno impuro perché inadeguato allo spazio imponente di una cattedrale, o peggio, riprendendo la metafora, di un ristorante di lusso. Ci porta a un’altra considerazione: Scaldati non ha avuto dalle istituzioni teatrali, culturali, editoriali, pubbliche nessuna cura, nessuna comprensione della sua qualità artistica. Soprattutto a Palermo. Case editrici come Sellerio, Flaccovio, non hanno avuto interesse a pubblicare i suoi testi. Il Comune di Palermo, nelle sue varie amministrazioni non ha mai risposto positivamente alle richieste di uno spazio dove poter lavorare: negli ultimi anni lo scrittore-attore provava nel suo studio, in casa. Il Teatro Biondo, identificato come la cattedrale in cui il parroco campagnolo è stato introdotto - con direttori come Guicciardini e Carriglio, si sono relazionati al teatro di Scaldati in maniera inadeguata, offrendogli uno spettacolo da mettere in cartellone. Il Teatro Biondo, scritturava l’attore Scaldati in parti di secondo piano, da figurante. Non si può sostenere che il teatro di Franco Scaldati sia stato adottato dal Teatro Biondo, così come oggi il Teatro Biondo ha adottato l’artista residente Emma Dante, impropriamente da alcuni considerata in continuità con il poeta Franco Scaldati. Questa relazione cui fa riferimento il direttore del Teatro Biondo appartiene alla storia locale e alla inciviltà di una politica culturale che mette alla prova duramente la sopravvivenza di artisti che portano una visione del mondo e una parola poetica non conforme. Il direttore del Teatro Biondo scrive: “Lo Scaldati migliore è quello precedente all’adozione da parte del Biondo “. Si riferisce agli spettacoli realizzati su commissione dello Stabile o si riferisce alla produzione letteraria, in gran parte sconosciuta? Il punto di vista di Roberto Alajmo, a nostro parere, rivela una incomprensione dell’intera problematica del teatro e della ricerca di Scaldati che, pur nelle sue contraddizioni, appartiene al Nuovo Teatro italiano. Ho assistito a degli a-solo di Scaldati in teatri colmi di persone – al Teatro Rendano a Cosenza - con giovani che erano alla loro prima esperienza teatrale, come di fronte a spettatori specializzati (il Festival Natura Dèi Teatri a Parma), conquistati dalla sua arte di rapsodo, dal ritmo, dal gesto, dai suoni e dai timbri della sua lingua.
Il direttore attuale potrebbe ripartire da nuove premesse: adottare, un artista da parte di un teatro Stabile non vuol dire né piegare l’artista alle logiche della struttura, né al contrario piegare la struttura pubblica alle esigenze di un singolo, quanto dare ricovero, alla pluralità e diversità delle voci autoriali che una istituzione pubblica dovrebbe garantire. Perché Assassina (regia di Umberto Cantone ), un testo di elevata qualità artistica, non può essere rappresentato per gli abbonati del Teatro Biondo? Perché forse al Biondo Scaldati perderebbe la sua natura antagonista, mentre i cantieri della Zisa, uno spazio non teatrale si adatta al parroco di campagna? Portando sul palcoscenico del Biondo uno spettacolo che ha qualcosa da comunicare con il suo linguaggio, il suo mondo fantastico, indicherebbe agli spettatori che “ nuovo, originale, avanguardia” non sono le parodie dei programmi di mediaset con turpiloquio e stupidità, portati sul palcoscenico.
Il direttore del Biondo è uno scrittore: chi meglio di lui potrebbe riconoscere la qualità della scrittura di Franco Scaldati se solo avesse modo di leggere i suoi testi? Come sta avvenendo dopo la morte di Scaldati con la messainscena di Assassina, di Lucio lo scorso anno, con la regia di Franco Maresco e la partecipazione di Mimmo Cuticchio - un’altra voce importante da immettere nella pluralità delle espressioni del teatro con radici a Palermo - si sta verificando che rappresentare il teatro di Scaldati senza maniere e senza mistificare la sua poesia, è un atto di cui abbiamo bisogno.

valentina valentini | 08/11/2014 ore 16:57:26 | @

 

Da "comune mortale" vorrei esprimere alcune riflessioni sul pezzo di Roberto Alajmo dal titolo Scaldati contro Scaldati, scritto per il convegno su Franco Scaldati che il Teatro Biondo Stabile di Palermo ha ospitato il primo novembre, e pubblicato su Il forum di Roberto Alajmo.
Vorrei ringraziare il Direttore Alajmo per averci dato questa preziosa occasione di discussione, seppure in maniera molto sintetica, su di un’artista abbastanza controverso e complesso quale Franco Scaldati.
L’espressione “parroco di campagna molto amato dai fedeli” , mai è stata così illustrante per definire Scaldati rimasto intellettualmente indipendente e non dipendente da strategie di potere. Ma legato a doppio filo alla sua poetica e al suo concetto di drammaturgia che lo rendeva libero di affidare i suoi testi ad altri registi senza preoccuparsi della loro messa in scena, perché sicuro della sua poetica. E’ chiaro che Scaldati aveva un suo stile nel rappresentare i suoi testi teatrali, è altresì chiaro che gli allestimenti cambiano in funzione dell’idea di ogni singolo regista, ma la poetica rimane universalmente quella. All’interno dello Stabile quindi, ha potuto godere di questa libertà nel rappresentare i suoi testi o nel lasciarli rappresentare, senza lamentarsene. Questo perché, io suppongo, aveva un’idea di teatro laboratoriale, che lo portava a sperimentare stimoli ed emozioni sempre nuovi, e fatto decidere di tagliare, negli anni ’80, il cordone ombelicale con il Biondo per dedicarsi a tempo pieno ai suoi laboratori.
E’ ammirevole il suo percorso come attore, ma soprattutto come drammaturgo. L’evoluzione poetica di Scaldati non era scontata ma c’è stata, e lo colloca come un drammaturgo a sé, impossibile fare paragoni. Sicuramente un personaggio scomodo, fuori dagli schemi conformisti, difficile come artista anche per via dell'utilizzo originale della lingua siciliana, ma appunto per questo un Teatro Stabile doveva e deve scommettere. Il Biondo, anche se in maniera limitata, ha sostenuto e in parte finanziato il teatro di Scaldati, compreso il laboratorio al centro sociale San Saverio, lasciando libertà assoluta nel fare i suoi spettacoli e non ha avuto nessun tipo di problema a mandare in tournée le proprie produzioni degli spettacoli di Scaldati, i quali sono stati molto apprezzati dal pubblico degli stabili italiani.
E ancora, mi sembra così plausibile sostenere un drammaturgo dello spessore di Scaldati, malgrado poche voci autorevoli lo abbiano fatto, tanto da proporre le sue opere patrimonio dell’umanità.
Maria Pecoraro

maria pecoraro | 08/11/2014 ore 01:20:26 | @

 

Che poi, a proposito del verbo soprassedere, non era neanche necessario aver passato la vita a chiosare la Recherche o Adorno: bastava ricordarsi di Franco e Ciccio.

yorick | 06/11/2014 ore 11:59:15 | @

 

Qualcuno parla di due sinistre.
Ho chiesto dove sono e mi hanno risposto :
"In fondo a destra"

fara | 01/11/2014 ore 07:55:06

 

@ antonia

Tu dici di non pretendere calma apollinea in questa situazione ma, secondo me, ti contraddici da sola visto che la distorsione dell’informazione, le grida, le polemiche sono frutto proprio di questa situazione così compromessa.
Ti sbagli, le basi su cui fondo il mio ragionamento non sono minimamente imprecise...1) a me risulta che Serra abbia fatto domanda per iscriversi al PD. 2) Sarà sicuramente giusto ricercare la correttezza dei termini, questo però può valere, solo ed esclusivamente, quando c’è un riscontro oggettivo...per me (che sono onesto e “all’antica”) la Leopolda è l’assemblea della corrente di un partito, sono però sicuro che qualcun’altro (meno onesto e, soprattutto, molto, molto più “moderno”) troverà altri fantasiosi termini per definirla.
Se un partito di sinistra diventa di destra, non ha più ragione di esistere. Se la sinistra non è più in grado di fare cose di sinistra, non ha più ragione di esistere. Per me, che sono di sinistra, è, semplicemente, inconcepibile anche solo stare a sentire, in un partito di sinistra, uno spregiudicato finanziere.
I “mercati”, il “paese occidentale”, la “UE”, ecc...ecc...quante cose tiri in ballo... non ti sembrerebbe più onesto dire la semplice, banale, ovvia verità: “non sono di sinistra”, “non credo negli ideali della sinistra” ? Non credi che la ragionevolezza inizi proprio dal chiamare le cose con il loro nome ?

Antonio | 01/11/2014 ore 06:24:16

 

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