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Ora
un gabbiano
sta tra le stelle e il mare
sulla vetta di un monte.
Là dove prima non c'erano i gabbiani
Ora
siamo
del mondo che cambia
la vita, strugge
e la notte non scrive poesie.
E il mondo guarda anche noi
come se non ricordasse
echi di giardini e suoni d'acque.
Noi corriamo restando fermi
a che l'immobilismo, scorrendo
ai nostri occhi, curvi onde
di richiami a voci di voli naturali.
e passi d'uomini.

(Rosi Lesto) un gabbiano

La grande onda e la fiamma fatua
cavalcavano il mare
e dove il giorno e la notte s'alternavano,
la grande onda e la fiamma fatua
restavano appesi, su una barca.
la fiamma brillava sull'onda,
l'onda sfiorava tutte le nuvole del cielo...
La gente moriva, la fiamma non c'era.

(Rosi Lesto) giochi d'acqua

Rosi Lesto | 31/03/2019 ore 17:22:56 | @

 



Si tramandano astratte
grate amare e dolci,
le ore dai simboli
piu' anneriti e luminosi
dei concetti mancanti.

Tu, sei dove cadesti.
Felice la distanza
tra una stella e una eclissi
tra un arcobaleno e un fiore:
a noi non basta che un sorso,
al mattino.

(Rosi Lesto) le ore mancanti

Rosi Lesto | 29/03/2019 ore 16:14:30 | @

 

Caro Garigliano,
quel libro purtroppo è esaurito da tempo. L'editore Sellerio ne ha comprato i diritti e lo ripubblicherà fra qualche mese. Un saluto affettuoso.

Roberto Alajmo | 28/03/2019 ore 06:30:26 | @

 

Gentile dottor Alajmo,mi sono appassionato al disastro accaduto a punta raisi nel lontano 1978 ed ho cercato in libreria il suo libro " notizia del disastro " ma sensa esito,ecco perchè mi rivolgo a lei,,mi può aiutare a trovare il suddetto volume ? mi piacerebbe molto leggerlo:
saluti cordiali,garigliano valerio

valerio garigliano | 27/03/2019 ore 12:55:30 | @

 

Una dolcezza, ci tenne puri tra i respiri
Un dialogo commosso di visioni improvvise,
aprì i nostri occhi.
La notte cadde su una grande perla bianca
Il cielo del giorno la guardò dall'alto come un caldo fiore azzurro blu.
Così la primavera cadeva nella buca
tra gli altri grani.
Integra,
di un inverno che aveva un sole sorpreso.
Che grandissimo sforzo!
Soffri' dove non basterebbe voce
e quel che tenta nel deserto a liberarla,
disse:
- "Prima che gli insetti ti consumino, Tu, dove vuoi andare?"
Fiorimmo di fiori tra le corolle.

(Rosi Lesto) Un dono di grazia.

Rosi Lesto | 25/03/2019 ore 05:06:38 | @

 

È un miracolo, un albedo
Spezza l'infinito del cielo,
e già si chiarisce:
Vedi la notte, che si sperde.

E si sconforta
orfana di stelle,
e nuda delle sue perle
sorprendenti,
Inonda il cielo di blu.

Tra tutte le cose,
Le radici, hanno bisogno della luce
ma se tu scopri le radici, le fai soffrire
per quanto sia incredibile
questo inverno.


(Rosi Lesto) cambia la visione

Rosi Lesto | 14/03/2019 ore 15:54:02 | @

 

Non un giorno
e' accaduto, un dolore.
Eppure, molti tacquero
e s'è nascosta la croce

per quanto tu ne abbia cercato
le fila, tra i meridiani e i paralleli
che servono al cuore per dirimerla
da ogni sgarbo che brucia la terra.

Da quei giorni, vedesti
di più bello in un cielo stellato:
quando s'apre la voce alla notte,
mentre sfugge la sua tempesta,
o dove è ogni solo un piccolo grido,
un angolo infinito.

(Rosi Lesto) musica di spazio

Rosi Lesto | 13/03/2019 ore 18:11:05 | @

 

Conversando un attimo con un carissimo amico siciliano di luoghi comuni e pregiudizi, si accennava un po' a chi, con convinzione, rifiuta di comprendere in alcun modo quel principio delle diversità dei siciliani continuando a ritenere e ripetere che tutti debbano essere uguali in modo unico. E che i siciliani, di quel valore dell'essere uniti e diversi, lo siano in un modo altro.
E dunque mi diceva che non è vero come altri pensano, parole sue, che "siciliano e' avere debole carattere" con gli stessi meccanismi del pensiero dei legami da unione di intesa comune per tante cose e questioni discriminanti tese in passato con quel fare spesso in un certo modo che penalizzava altre ragioni e regioni o identita'. E, aggiungeva, che non é neanche vero che l'identità dell'essere diversi avvenga a discapito della penisola e dei luoghi altri dei mondi diversi. E che chi insiste a voler guardare con occhi superficiali un punto di vista diverso e continua dando un giudizio guarda se stesso mentre gli fugge il pensiero di quanto siano eterogenei e diversi tra essi stessi i siciliani, e di quanto a volte si perdano e siano vane le loro voci e le integrita' dei costretti soli in quei luoghi della propria terra in cui non ebbero un diritto consapevolmente o senza accorgersene. O in quel voler desiderare un diritto col dover allontanarsi se sì accorgevano di non averlo quel dignitoso diritto, nel vivere per voler restare integri. Ma a una osservazione superficiale esterna, quel qualcosa di fondamentale che li fa differenti tra essi stessi e' l'essere siciliani. Cosa che a ben pensare fa del valore aggiunto la storia della stessa origine delle diversita' delle varie umanita': considerando che la Sicilia puo' essere un campione umano che è più distinto e visibile nei suoi diversi attriti costanti scaturiti da una maggiore varieta' di volti, abiti, corpi, menti e pensieri giunti qui a contendersi un campione di visibile terra.
E per quanto questi abitanti siculi sembrino uguali e in apparenza tanto simili a chi se li vede arrivare davanti agli occhi in qualunque parte del mondo, noi dell'isola sappiamo che non lo e'. E di questa diversità ci sentiamo un po' orgogliosi. E invece siano piuttosto cosi' simili nelle reazioni di tutti quegli altri che decisero di restarsene nei luoghi e mondi antichi di rispettiva provenienza senza affrontare la pena o la esaltazione dell'antico viaggio che li portò a vivere fin qui...la verità é che si dovrebbe ricordare che nell'isola si è tanto profondamente diversi a chi l'isola non la conosce. Pur a pochi centimetri o a discrete lunghezze di distanze da pochi o piu' secoli che siano...La verita' è che qui accanto tra noi si tende a non sapere e a dimenticare al di fuori dell'isola ci vedono tutti uguali. Ed essa, che è a volte l'esistenza incomprensibile dei tutti uguali,invece e cosi' frammentaria di esistenza da non potersi davvero racchiudere in uno schema. Perché forse noi ci lasciamo racchiudere distratti o ci distacchiamo assenti. Ma in noi stessi, e l' dove vive ognuna delle tante vite, storicamente e fisicamente sì replicano le caratteristiche individuali di quegli stessi mondi distanti regioni e regioni che al contrario di noi singole voci differenti e coesistenti senza comunione di intenti, sono armonie corrispondenti e se stesse. Qui dove si sperimentano, come in altri luoghi del passato che è giunto a noi, antiche soluzioni da risorse o azzeramenti le costruzioni di tutto cio' che ha formato altre nazioni a partire dai singoli passi di chi é giunto dai continenti diametralmente opposti, vivono ancorq. E cio'che hanno in comune con noi stessi e' davvero la diversita', che fa sì che tra i siciliani ci siano coloro che presi un po' idealmente insieme maturino coerenze di intenti o reazioni di chiusura e apertura per propri valori di abitudini, esperienze, ricordi, culture, memorie e vite tante e quante ve ne siano nei processi delle rispettive identità e identificazioni. Come essere amalgamati? Mi chiedevo, mentre ascoltavo. Come armonizzare un pensiero che vuole considerare i siciliani uguali a tutti i costi in un principio che essi stessi non contengono visto che alcuni continuerebbero a essere coerenti fino alla morte e altri a non ritrovarsi a saper coesistere neppure per il tempo della fine di una stagione? Che cosa unisce ancora, mi chiedevo, quel campione di umanita' approdata dal mare per secoli di millenni su un'isola che si vorrebbe imprigionare in uno schema definito? Se non riescono ad essere come li si vorrebbe perché tutti hanno nelle vene il mare... Quale è la differenza che li attrae. Che alcuni alzerebbero gli occhi per guardare dov'è che va chi si sta alzando dal tavolo in quel preciso momento senza concedersi distrazione. E si chiederebbe il perché. E che altri non lo farebbero. Perché in fondo nell'essere diversi, ci osserviamo l'un l'altro per capire ma non è detto e per questo luogo comune che siamo o non siamo occhi aperti mi è capitato spostandomi, di vedere occhi dardeggianti e atteggiamenti capaci di non farsi sfuggire nulla in realtà pronte a chiedere aiuto o pronte a scatenare empatie o pregiudizi con altrettanta convincente attenzione al di fuori da questa isola. L'amico stimabile, preso dai nostri discorsi, tornava ancora sul quanto sia davvero difficile comprendere ogni aspetto incomprensibile dell'esserne noi divisi come i tanti punti singoli dei diversi angoli e piani di schemi di un isola e tali da accrescere distanze da errore di valutazione dal punto di vista di chi nasce e vive piu' al nord di questa isola mentre si limita a guardare dall'esterno e dice: 'il sud'. Attaccando una etichetta come uno stendardo la' dove altri ne hanno attaccato altre e dove altri ancora si indignano e iniziano a rimproverarsi per cosa che magari non faremmo, qua tutto tace. Forse chi nasce al centro di un mare si indigna al pari degli altri o forse se ci arriva da secoli poi non ha tempo di dare uno sguardo all'etichetta che vede come tale perché per chi vive qui, essa cambia ogni giorno e si disperde per corsi e ricorsi della storia di questa stessa isola che ancora oggi è in ognuno di noi. E in quel momento sinceramente, a noi viene altro dai nostri moti dei luoghi e avi del mondo, ricompattato all'istante per noi diversi per qualcosa che sentiamo di più vero, mentre ci capita di restare qui tra gli altri che continuano a darsi pacche e sorrisi sulle spalle senza scontrarsi e incontrarsi mai in una idea comune possibile. Tra tutto quel condivisibile a tre punte di questa isola che sta e galleggia come un faro tranquillo e talvolta acceso e rosseggiante nel mare delle nostre diversità abbiamo da fare i conti più con noi stessi. Poi all'improvviso mi sono detta ma Tusa come faceva?
Sì, anche io come tutti noi, ho pensato al professor Sebastiano Tusa. Lui che riusciva assertivo e capace di entusiasmo dove altri non riuscivano, dai suoi passi di veri ascolti sapienti al di là dei luoghi comuni. Come faceva? E mentre mi rammaricavo del non aver conosciuto e sperimentato anch'io al pari degli altri di persona un ascolto vero e attento di una persona sincera nel suo costante voler andare a costruire ponti stimabili, e dunque credibili io per non averlo mai incontrato. Ho capito:
Qualunque siciliano intelligente, cosi' diverso e inconciliabile con l'altro siciliano, capirebbe. E dalla infinita introspezione e dalla lettura allenata di occhi attenti da secoli, riconoscebbe un ascolto. Un ascolto vero. Capace di far spazio e luce nel vero tra quei tanti 'fidati di me'. E allora l'ho pensato integro tra quei versi incompiuti che aprivano il bene a miliardi di possibilità di una speranza che appena nasce, e se ne parla con gioia, a volte la vita, e in questa isola troppo spesso, recide. E tuttavia resta una precisa differenza.
Perche' amaro e' quel divario
tra un uomo felice che si lascia cadere da un ponte, e un uomo che va a costruire un ponte e cade lo stesso.
E lo e' per quanto si può volere andare oltre le cose comuni: andare a passi sinceri
per provare a riaccendere da qualche parte ogni luce, non per ciò che appare ma per ciò che è. E mi veniva un aforisma di un qualcosa che oscilla tra la vita e la morte:

Lasciar divenire quel che puo'essere riconoscibile nostante tutto, riuscendo a essere davvero una persona stimabile, e' degli esseri speciali.

(Rosi Lesto)

Rosi Lesto | 12/03/2019 ore 18:10:44 | @

 

Caro Roberto, che la città fosse enigmatica l'ho capito subito, appena arrivato c'è stato un appuntamento in un luogo pubblico che (forse) non esisteva...scusa se sono avaro di dettagli :-)
Comunque, ci riproverò? Non so in fondo, i motivi che mi ci hanno portato non erano svago e turismo così se si dovesse ripresentare una situazione analoga chissà, lo ritengo improbabile, ma mai dire mai, se no conserverò il ricordo dei momenti difficili ma anche di quelli belli, della bellezza di certi luoghi, la luce particolare, gli scorci... un caro saluto :-)

Riccardo | 11/03/2019 ore 11:00:37 | @

 

Caro Riccardo, la tua riflessione meriterebbe una risposta molto articolata. Provo a sintetizzare. Questa città è enigmatica come una sfinge. Basta spostare una virgola nelle sue sentenze, e il senso è capovolto. Le tue sentenze sono tutte giuste, e tu devi provare alla maniera di Sisifo.
Provare, sbagliare, riprovare, sbagliare meglio.

Roberto Alajmo | 08/03/2019 ore 07:36:19 | @

 

... una catena di eventi... Un signore di origine palermitana "attacca bottone" come si dice e mi tiene a chiacchierare un po' sotto casa, il che riporta la mente ai miei soggiorni palermitani e in particolare al secondo e alla sua conclusione: ero all'aeroporto di Punta Raisi estremamente provato e quasi con le lacrime agli occhi, vedo quel piccolo libro che mi attrae "Palermo è una cipolla", lo compro e lo leggerò dopo qualche mese. Ieri dopo il colloquio con l'anziano signore sono andato a ricercare il libro e il suo autore in rete e da qui il blog. Personalmente avevo dato una risposta al titolo : Palermo è una cipolla perchè fa piangere (almeno me!), la "città" infatti non mi voleva.
Il primo soggiorno circa 10 anni fa fu duro, intenso, difficile, ma anche interessante, il messaggio che avevo colto era questo: "Questa volta ti ho strapazzato un po' ma la prossima io (la città) sarò più buona e ti delizierò!
Ma non ci avevo capito niente il messaggio era invece: "sono stata fin troppo buona non ci riprovare a rimettere piede qui!", infatti... il secondo soggiorno alcuni anni dopo fu veramente un tormento con insidie multiple e imprevedibili da lì lo stato in cui ero all'aeroporto alla partenza , quasi alle lacrime perchè provato dal soggiorno stesso al punto da non riuscire a sentirmi realmente sollevato che infine stessi per partire e fosse terminato...
Leggerò con piacere la nuova edizione, non so se mi arrischierò a scendere di nuovo nella "città", non sono superstizioso ma mi sa meglio non rischiare! :-)

Riccardo | 04/03/2019 ore 19:21:12 | @

 

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