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MORTE DI UN INTELLETTUALE CHE SI SPORCAVA LE MANI

Una volta scrissi un articolo in cui manco tanto bonariamente mettevo a confronto le teorie che Mario Centorrino professava da intellettuale, e le pratiche che gli toccavano da assessore regionale. Cito:
"...succede indistintamente a tutti quelli che, dopo un’onorata e appartata carriera, arrivano a sedersi su una poltrona di palazzo: cominciano a diventare euforici ed estroversi. Molto euforici e molto estroversi.
Il primo è stato Cossiga, più di recente Brunetta, e ora pure Centorrino, che fino a ieri era considerato “solo” uno stimato economista.
Dev’essere qualcosa che ha a vedere con la rarefazione dell’ossigeno quando si sale improvvisamente di quota"
.
Dopo quell'articolo, lui mi invitò a colazione, e parlammo. Io avevo il ruolo facile di chi si tiene alla larga dalle logiche del potere, e lui cercava di convincermi del dovere di sporcarsi le mani, arrivati a un certo punto della propria vita. Io obiettavo che per "sporcarsi le mani" bisognava prima assicurarsi che ci fosse del sapone nei dintorni. E nel governo regionale presieduto da Lombardo non mi pareva ce ne fosse.
Ci salutammo con la cordialità di chi riconosce il valore e la lealtà dell'interlocutore, ferma restando la disparità di vedute.
Qualche mese fa, quando mi insediai alla direzione del teatro Stabile di Palermo, mi chiamò per sfottermi bonariamente, ricordando quella chiacchierata.
Niente.
Per dire che Mario Centorrino era una persona in buona fede.

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Roberto Alajmo | 19/08/2014

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