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il forum di Roberto Alajmo, scrittore





BELLO. PURCHÉ BREVE

Capita, e a volere essere sinceri capita pure spesso. Capita molte volte a teatro. Oppure leggendo un romanzo. A un certo punto, mentre leggiamo, il nostro io esce da noi stessi, si piazza a cinque metri dal corpo che legge, e giudica. Giudica il libro che stiamo leggendo in una maniera che il nostro io responsabile e maggioritario rifiuta. Dice più o meno: Sì, interessante. O addirittura: Sì, bello. Ma poi il nostro io minoritario e dissidente aggiunge una formula avversativa: Però basta. E anche il nostro io maggioritario a quel punto è tentato di cedere. Dietro quel però c'è una consapevolezza tutt'altro che spregevole. [Però, basta] nel senso di [però è sufficiente]. Dove il [basta] non è contraddittorio rispetto al [sì, interessante], oppure addirittura al [sì, bello]. Ci sono libri, concerti, spettacoli, autori, interi generi artistici che suscitano entusiasmo per i primi dieci minuti e poi: assuefazione. Bisogna dire che molte volte il giudizio [basta] non inficia la validità dell'opera d'arte in sé. Anche se tutti noi tendiamo a vivere il rigetto con un misto di sollievo e senso di colpa. Una volta messo a fuoco il fenomeno, bisogna ammettere che capita in continuazione. Per dire: "La disparition" o anche "La vita, istruzioni per l'uso" di Georges Perec sono libri di assoluta genialità, senza che per questo ci si debba sentire in dovere di leggerli da cima a fondo. Una volta capito il meccanismo, vien voglia di passare ad altro. Ferma restando l'ammirazione per uno scrittore capace di immaginare universi di questa portata. Vogliamo fare qualche altro esempio letterario? Parliamo allora di quella categoria variabile di scrittori che abbiamo molto ammirato per una parte magari giovanile della loro produzione. Prendiamo Dick, Kundera, Marquez, Ben Jelloun. Com'è che molti di noi continuano ad amare e rileggere certi loro libri, e invece stentano a leggere quelli nuovi? Naturalmente la questione è strettamente soggettiva. Ognuno resta libero di coltivare le proprie fisime personali. Sono fisime che spaziano da un campo all'altro dello scibile umano, che riguardano intere branche dell'arte: quanto siamo in grado di reggere a uno spettacolo di mimo? Dopo quanto tempo nasce in noi l'impulso di abbandonare la sala dopo esserci lasciati abbagliare dallo sfarzo dell'Opera di Pechino? Certo: dipende dalla tolleranza e dal livello di ipocrisia di ognuno, da quanto abbiamo pagato per andare al circo, o da quanto rispetto nutriamo per generi artistici in via d'estinzione come l'Opra dei Pupi. Ma vogliamo quantificare l'attenzione di uno spettatore durante una lettura di poesie, per quanto ottimamente eseguita? Anzi: certe volte migliore è la dizione dell'attore, e peggio è. Diamo un nome a questa categoria estetica nobile e sfortunata. Qui si avanza una proposta: Bello Purché Breve. BPB. Un'etichetta che sta a indicare qualcosa che apprezziamo, ma a condizione che non pretenda troppo della nostra attenzione. Quanti quadri di Mirò bisogna vedere prima di poter affermare di averne capito il talento? Quanti concerti di Vivaldi dobbiamo ascoltare? Quanti Haiku possiamo leggere prima di farci venire il mal di pancia come dopo una scorpacciata di ciliegie (frutto a sua volta BPP, Buono Purché Poco)? Quanti musei della civiltà contadina siamo tenuti a visitare nell'arco della nostra vita? Persino Stendhal avrebbe ammesso che la musica massonica di Mozart si può ascoltare poco alla volta. O che le ouverture di Rossini, tanto entusiasmanti prese una per una, se ascoltate consecutivamente, come in certi dischi antologici, provocano un senso di nausea. La musica è molto spesso BPB, anche volendo mantenere il rispetto per le culture diverse dalla nostra. Fado, Samba, Flamenco, lo stesso Tango, al di là dell'ammirazione per gli esecutori e per il genere in sé, provocano assuefazione in tempi che in certi casi sono anche molto ravvicinati. Bello Purché Breve non è neppure una categorizzazione estetica puramente artistica. Fra i cibi, per esempio, si trovano moltissime varietà il cui abuso è sconsigliato. Oltre alle già citate ciliegie - e fragole, e frutti di bosco - la cassata siciliana è un tipico esempio. Ma non dimentichiamo il limoncello, il latte di mandorla, i tortelli di zucca. Sotto l'etichetta BPB possono rientrare i generi più svariati. Capita di fare un giro dei castelli della Loira e scoprire che due possono anche bastare. Capita di trovare trascinante il suono della fisarmonica: ma per quanto siamo davvero disposti a farci trascinare? Capita di trovare simpatici i figli degli altri, ma ammettiamolo: la consapevolezza che fra poco torneranno a casa dei rispettivi genitori ci aiuta a trovarli ancora più simpatici.

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Roberto Alajmo | 01/11/2006

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