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IL CATASTO DEI VEZZEGGIATIVI

Mi chiamava ***ella, lo chiamavo ***ino.
La chiamavo ***ina, mi chiamava ***ello.
Bisognerebbe creare una banca - un magazzino, un monte di pietà - in grado di conservare i vezzeggiativi dell'amore trascorso. Quei nomignoli che gli amanti si scambiano al tempo della passione, e che quando ci si lascia finiscono in un pozzo di memoria dove la luce non filtra.
Triste sorte, quella dei vezzeggiativi amorosi. Nei tempi belli gli innamorati se li scambiano mettendoci magari anche un minimo di creatività, andando oltre Tesorino e Puccipucci, aggrappandosi a una caratteristica dell'amato e trasformandola in gioco privato.
Tanto privato che i vezzeggiativi amorosi sono oggetto di presa in giro da parte di amici e terzi, che trovano melenso questo scambio di nomignoli: come l'erotismo, anche la tenerezza degli altri risulta oscena.
Peggior sorte tocca quando l'amore finisce e i vezzeggiativi tanto cari vengono dismessi e abbandonati. (S'immagina qui che nessuno voglia biecamente riciclare il nomignolo di un vecchio amore applicandolo all'amore nuovo). Ne risulta che alla fine di ogni esistenza, i ricordi si affollano di appellativi affettuosi che a distanza di tempo possono sembrarci melensi: anche noi, quando la passione si raffredda, diventiamo estranei a noi stessi.
Ecco allora l'esigenza di uno scomparto di memoria riservato a queste paroline dolci, scambiate con persone che hanno fatto un pezzo di strada al nostro fianco. Un catasto che custodisca questa ingenua memoria anagrafica a rischio d'estinzione.

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Roberto Alajmo | 01/09/2015

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