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IL CACCIATORE DI AQUILONI

C'è una mitologia che esercita enorme fascino in campo editoriale. Riguarda la maniera di vendere i libri. Un argomento su cui tutti concordano è che fondamentalmente ci vuole il passaparola. C'è stato il passaparola. Se scatta il passaparola. Magari scattasse il passaparola. Tu, autore, devi sperare che scatti il passaparola. In caso contrario, sei finito. Se si parla qui e ora di un libro uscito nel 2004 è perché nei confronti di questo libro, Il cacciatore di aquiloni, si è innescato un passaparola diesel che lo ha portato poco alla volta oltre la soglia delle 250.000 copie, come viene dichiarato nell'ultima fascetta, dove si parla anche di "miracolo del passaparola". Edizione dopo edizione, questo romanzo di Khaled Hosseini si è arricchito di una serie di patacche celebrative. Sono l'equivalente degli autoadesivi che si appiccicano sulla valigia dopo aver fatto un viaggio, a mo' di vanto. In copertina Isabel Allende avverte che si tratta di un "libro indimenticabile, emozionante come pochi". L'autorevole People (!) dichiara che si tratta di un "romanzo dalla forza straordinaria". Infine Amazon.com: "Questo libro ha un solo difetto: lo si divora troppo in fretta". In casi del genere, arrivando da ultimo a giudicare, il recensore si trova un po' spiazzato: se mi piace - pensa - quali superlativi restano disponibili in repertorio? E di fronte alla penuria, quasi sempre decide che allora non gli piacerà. È la sindrome di Franti: visto che tutti i ruoli positivi sono stati già assegnati, vediamo se mi resta almeno uno strapuntino nella parte del cattivo. Questo tuttavia non è il caso della presente recensione. No, no, no. Questa è una doppia recensione: si giudica qui non solo la qualità letteraria del testo ma anche, considerato il tempo trascorso dalla pubblicazione, la funzionalità del libro come oggetto di consumo. Sulla qualità letteraria dovrebbe bastare una citazione da pagina 7: "Il sole scintillava sull'acqua dove dozzine di barche in miniatura navigavano sospinte da una brezza frizzante". Non basta? Pagina 159: "E nessun padre soprattutto se pashtun con nang e namoos, avrebbe parlato di un mojarad con sua figlia, a meno che il giovane in questione fosse un khastegar…". La seconda citazione rende l'idea della prosa speziata che Hosseini adopera per rendere l'atmosfera di un Afganistan raccontato in inglese, lingua d'adozione dell'autore. Ma del resto ogni disvalore letterario si trasforma in altrettanto valore, se rapportato al successo di pubblico. Consideriamo il carattere dei personaggi: Assef, il cattivo, è esemplarmente cattivo, senza sfumature o ripensamenti. Hassan, il buono, è esemplarmente buono. Persino la voce narrante, Amir, che è così così, è esemplarmente così così. Caratteri chiari e forti, esemplari, al servizio di una trama esemplare: siamo dalla parti dell'Amico Ritrovato, della vigliaccheria redenta. La storia dell'Afganistan scorre in sottofondo dagli anni settanta fino alla cacciata dei Talebani, mentre in primo piano risalta la piccola storia di una amicizia infantile, con tanto di lealtà tradita e distacco. Alla fine il passato torna come sempre a esigere il pagamento del proprio debito. Ingredienti semplici e genuini, che sono poi quelli di tutti i grandi successi popolari. L'abilità dello scrittore in questi casi sta nel riuscire a rendere facili le difficoltà, incaricandosi personalmente di sciogliere tutti i grumi per conto del lettore. Quasi a ogni parola in lingua originale si affianca la spiegazione, senza nemmeno l'incomodo di ricorrere a uno di quei noiosi glossari in coda al volume. Un libro perfetto, a suo modo, per un lettore che ha voglia di abbandonarsi alla lettura senza fare troppa fatica. -------------------------------------------------------------------------------- Giudizio: mezzo sole e mezzo ombrello Titolo originale inglese: The kite runner Numero di ristampe italiane, al momento: 31 Traduzione: scorrevole, di Isabella Vaj Se fosse un musicista: Eumir Deodato Se fosse un pittore: Renato Guttuso Se fosse un cibo: un omogeneizzato in vasetto Se fosse un dolce: la ricotta con lo zucchero Se fosse una bevanda: una spremuta d'arancia filtrata molte volte

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Roberto Alajmo | 07/04/2007

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