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SPORCARSI I PIEDI DI SABBIA

...Ciascun libro è una lunga tergiversazione che non arriva mai al punto. Si tratta ogni volta di circumnavigare continenti sui quali non mi azzardo mai a sbarcare, per paura di finire come il capitano Cook: cotto, appunto, e mangiato dalla popolazione indigena.
In passato mi sono dovuto accontentare di ammirare da lontano il paesaggio costiero mantenendomi al largo. Lo osservavo col cannocchiale dalla tolda di una nave comoda e sicura.
Da lontano si scorge un paesaggio splendido, per carità. Ma genericamente splendido, che possiede il distacco di una cartolina. Al massimo, ogni tanto, un gabbiano, un’altra imbarcazione, qualcosa si mette fra l’obiettivo e il panorama, giusto per dare movimento e profondità, ossia senso all’inquadratura. Altrimenti nulla.
Ecco, la letteratura è una di quelle navigazioni nelle quali il senso è la navigazione in sé. Non che sia poco, ma non è tutto.
A poche miglia da da dove mi trovo c’è la vita vera, se la giornata è limpida si distinguono le case, le luci, le finestre sulla costa, la vita che che c’è dietro le finestre. Basta poco, e di tanto in tanto bisogna pur sbarcare, se non altro per rifornire la cambusa. Ma soprattutto mescolarsi al paesaggio e annullarsi nel retroterra. Sporcarsi i piedi di sabbia e rischiare quel che c’è da rischiare, come fece Cook.

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Roberto Alajmo | 25/03/2018

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