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REMIX: LA RIVOLUZIONE MIOPE

I fuochi dell’indignazione popolare divampano in fretta e certe volte in maniera violenta, ma bruciano solo ciò che trovano a portata di sé.
È come se l’opinione pubblica italiana avesse contratto una grave forma di miopia. Ossia, tecnicamente parlando, il disturbo visivo che consiste nella difficoltà di mettere a fuoco le immagini lontane. Ecco: è come se l’indignazione popolare riuscisse a focalizzare solo gli oggetti più vicini, e su quelli sfogasse la propria rabbia.
Succede anche per i governi. Di ogni nefandezza il colpevole è sempre l'ultimo, non chi ha governato negli ultimi trent’anni.
Quando nelle periferie parigine o londinesi negli anni scorsi sono scoppiate alcune sommosse, gli abitanti dei quartieri più poveri hanno rovesciato e incendiato non le automobili dei ricchi, ma quelle dei loro vicini di casa. Allo stesso modo in Italia, quando c’è da sfogarsi è troppo complicato spingere la rivolta nei quartieri del centro; molto più semplice dare l’assalto a un campo nomadi.
L’odio si sviluppa alla perfezione quando trova sfogo appena oltre una lastra di vetro: allo sportello di un ufficio, dietro lo schermo di un computer, di là dal finestrino dell’automobile. È contro chi si trova oltre il vetro che si scatenano i peggiori istinti. Nel migliore di casi, stilando furibondi “stati” di Facebook o insultando gli altri automobilisti.
Non è una rivoluzione, questa che serpeggia da un capo all’altro del Paese. È la rabbia semplicistica di un’opinione pubblica dalla memoria labile e dalla vista troppo corta.

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Roberto Alajmo | 12/06/2017

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