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TUTTI IN STATO CONFUSIONALE

Quando molti uomini uccidono molte donne, e sempre per un malinteso senso dell’amore e del possesso, č difficile dire qualcosa che non sia condivisibile da chiunque (tranne forse dalla madre dell’assassino).
Tutto troppo scandaloso, tutto troppo ovvio.
Anzi, forse no: c’č qualcosa che non va nell’informazione relativa a fatti del genere. Certi tic giornalistici, certi luoghi comuni che a prima vista possono sembrare dettati da semplice sciatteria, e invece possiedono una loro valenza narcotizzante. Piccole sottintese attenuanti che, queste sě, č doveroso attribuire a un “sistema” che va oltre le responsabilitŕ del singolo omicida.
Parole come “raptus”, possono essere usate quando si parla di una persona che arriva armata sul luogo del delitto?
Oppure un’altra espressione che risulta subliminalmente assolutoria. Se ci avete fatto caso, l’assassino della propria ex compagna viene arrestato sempre mentre si trova “in stato confusionale”. Il messaggio, sia che parta da un comunicato stampa dei carabinieri sia che venga direttamente dalla penna del giornalista, č che si sia trattato di un momento di follia. Un momento di “confusione”. Un momento di provvisoria incapacitŕ di intendere e di volere.
Quella che in tribunale potrŕ essere spacciata come un’attenuante comincia ad essere socialmente instillata fin da subito.
Lo strisciante giustificazionismo: ecco un complice che vale la pena di smascherare.

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Roberto Alajmo | 15/07/2013

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