"Morire è niente, mi spaventa di non vivere"
(Victor Hugo)
Quando molti uomini uccidono molte donne, e sempre per un malinteso senso dellamore e del possesso, è difficile dire qualcosa che non sia condivisibile da chiunque (tranne forse dalla madre dellassassino).
Tutto troppo scandaloso, tutto troppo ovvio.
Anzi, forse no: cè qualcosa che non va nellinformazione relativa a fatti del genere. Certi tic giornalistici, certi luoghi comuni che a prima vista possono sembrare dettati da semplice sciatteria, e invece possiedono una loro valenza narcotizzante. Piccole sottintese attenuanti che, queste sì, è doveroso attribuire a un sistema che va oltre le responsabilità del singolo omicida.
Parole come raptus, possono essere usate quando si parla di una persona che arriva armata sul luogo del delitto?
Oppure unaltra espressione che risulta subliminalmente assolutoria. Se ci avete fatto caso, lassassino della propria ex compagna viene arrestato sempre mentre si trova in stato confusionale. Il messaggio, sia che parta da un comunicato stampa dei carabinieri sia che venga direttamente dalla penna del giornalista, è che si sia trattato di un momento di follia. Un momento di confusione. Un momento di provvisoria incapacità di intendere e di volere.
Quella che in tribunale potrà essere spacciata come unattenuante comincia ad essere socialmente instillata fin da subito.
Lo strisciante giustificazionismo: ecco un complice che vale la pena di smascherare.