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E' stato il figlio


REMIX: UNA LUCE DIETRO LA FINESTRA

In un primo momento non ci fai caso.
Oppure ti pare un caso.
Ma un caso reiterato non è più un caso.
E dunque, appunto, ci fai caso.
Ed è allora che ti accorgi che le finestre di Stoccolma ti guardano. Le finestre svedesi ti guardano in continuazione.
Il fatto è che in Svezia a ogni finestra corrisponde una lampada elettrica accesa. Dev'essere una tradizione, perché la lampada ce l'hanno proprio tutte le finestre.
Se la finestra è un occhio sulla strada, quelle lampade rappresentano altrettante pupille. Ogni palazzo ha almeno una decina di pupille che ti guardano.
La prima idea che ti fai è che le lampade siano accese per te. Non nel senso paranoico del te-te. Te nel senso di tu, uomo della strada che passi e guardi, che magari vieni da un paese diverso. Quelle lampade accese, pensi, stanno lì a segnalarti qualcosa. Vogliono trasmetterti un messaggio.
Forse semplicemente stanno a indicare che dietro quella finestra c'è una famiglia, un focolare domestico che ci tiene a comunicare la propria esistenza. Sembra una specie di invito a immaginare la piccola ipotesi di felicità casalinga che si svolge dietro i vetri.
Perché la Svezia è veramente un paese felice. Non perfetto. Non solo perfetto. Perfetta è la Svizzera. La Svezia invece è piucheperfetta: perfettamente felice.
I suoi abitanti sono alti, biondi e con gli occhi azzurri, secondo i canoni che qualcuno ha stabilito essere quelli della bellezza assoluta. Non sono magri e non sono grassi.
Non solo: rispetto ad altri popoli dalle stesse caratteristiche non hanno nemmeno l'aria slavata, i tratti somatici che sembrano indicare una mancanza di personalità. Dietro gli occhi della maggior parte di loro non si scorge solo la bellezza pura e semplice. Si intuisce la persona che c'è dietro.
Ecco, pensi: le lampade alla finestra hanno la stessa funzione della luce che certe volte si scorge negli occhi delle persone. La lampada alla finestra simboleggia la personalità di una abitazione.
Certo - viste da fuori, e viste da uno che svedese non è - tutte quelle lampade, quei focolari domestici ti fanno persino un po' di rabbia. Perché fuori fa freddo, mentre le case svedesi sono sempre perfettamente riscaldate, tanto che i famosi piumoni locali si esportano sul mercato estero, più di quanto vengano adoperati sul mercato interno. Gli svedesi non hanno bisogno di piumone: dormono con una copertina leggera, e tanto basta.
A farci caso, succede che a ogni lampada, a ogni teporino immaginato dietro le singole lampade, corrisponde un impercettibile innalzamento della tua quota individuale di meschinità.
E siccome le lampade alle finestre sono davvero tante, ti ritrovi a provare sentimenti di cui un poco ti dovresti vergognare A formulare idee che tu stesso senti di non condividere. Tipo buttare la carta per terra o suonare il claxon al semaforo se quello davanti non si muove.
E tuttavia, un attimo prima di sganciare la carta per terra, ti fermi a riflettere sulla seconda ipotesi plausibile. Quella secondo cui le lampade dietro le finestre sono un segnale non per chi sta fuori, ma per chi sta dentro. Sono loro stessi, gli svedesi, che si danno un segnale. La lampada alla finestra è una simulazione della luce solare che manca per buona parte dell'anno. Siccome il sole non c'è, loro mettono alla finestra una lampada e la accendono. Così hanno la sensazione che la finestra serva a qualcosa.
Perché, altra scoperta interessante, gli svedesi le finestre non le aprono mai. Nemmeno quando fa caldo, nemmeno d'estate. Non che siano obbligati a cambiare l'aria alla casa in continuazione, o a comunicare da una finestra all'altra, come se fossero a Napoli. Oltretutto il clima non lo consentirebbe. Però ogni tanto, quando c'è il sole, un'eccezione potrebbero farla. E invece no, non le aprono.
Può darsi che le lampade dietro i vetri abbiano anche una funzione deterrente, perché per aprire le finestre dovrebbero prima spostarle, e sono lampade piuttosto ingombranti, spesso.
E' difficile stabilire il perché di questa resistenza ad aprire le finestre. L'unica ipotesi verosimile è questa: hanno paura che la perfetta felicità tanto faticosamente conseguita possa andare perduta con un colpo di corrente. Basta poco e sfuma tutto.
E' per questo, per una forma di tenerezza nei confronti di un popolo tanto felice - e tanto fragilmente perfetto, nella sua felicità -, che alla fine hai un ripensamento e la carta la butti nell'apposito cestino.
Quando sei in Svezia.

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Roberto Alajmo | 02/09/2013

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