'U BONU A CONUSCIRI
(Da Repubblica)
È doloroso firmare l'appello di Repubblica per chiedere che il nuovo manager dell'ospedale Civico sia scelto fra i professionisti del centro-nord.
Doloroso per chi crede nelle risorse interne della Sicilia e tanto più per chi ha scelto di rimanere qui a combattere restituendo almeno un calcio ogni cento che riceve. Invocare una professionalità esterna può sembrare una specie di resa, la certificazione che sul posto non esistano manager in grado di gestire un'istituzione del genere e il cambiamento di cui il sistema Sanità ha disperato bisogno. E certamente non è così. Esistono professionisti capaci di questo e altro, ma se sono rimasti in Sicilia dopo almeno vent'anni di pulizia etnica delle intelligenze, devono aver avuto certamente qualche seconda attività, considerato che di certo su quest'Isola non possono aver trovato occupazione. Oppure hanno lavorato, e allora sono rimasti invischiati nel sistema, e a questora si troveranno a dovere smaltire enormi debiti di gratitudine. Non sono certo queste le premesse migliori per riformare un settore che soffre di incrostazioni pluridecennali.
L'obiezione più sensata è che bisognerebbe fare spazio ai giovani, che in assoluto è una grande verità, in un paese a conduzione geriatrica. Ma che giovani manager possono essere cresciuti, in un habitat come la Sicilia degli ultimi anni?
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Il sistema selezionava sistematicamente solo i portaborse, e anche ammesso che fra questi ci siano persone di merito, per il fatto stesso di essere sopravvissute oggi devono dire troppi grazie a troppe persone. Difficile in queste condizioni risultare credibili.
Chiedere che arrivi una figura ex machina per governare il cambiamento è una dolorosa necessità, se si vuole dare quella sterzata che tutti, in teoria, sostengono di volere.
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Certo, non può diventare una regola. E di sicuro nel mandato a un dirigente esterno ci dovrebbe essere innanzi tutto la creazione di un vivaio in cui far crescere in condizioni protette i talenti locali, anche offrendo a quelli che sono dovuti emigrare la possibilità di tornare e fare qualcosa per la loro regione.
E del resto basterebbe pensare al disastro che la classe dirigente ultima è stata capace di fare, dentro e fuori la sanità siciliana. Tre esempi: Fiera del Mediterraneo, Amia, Amat: e ciascuno si diverta a mettere accanto a ciascun esempio il nome di un cosiddetto manager, sempre riconducibile alla stessa parte politica, sempre capace di pilotare listituzione fin oltre lorlo del baratro. Visti i risultati, persino scegliere i dirigenti a caso, prendendoli dallelenco telefonico, potrebbe essere unidea migliore. Almeno i fortunati non dovrebbero ringraziare nessuno e teoricamente, procedendo a casaccio, potrebbero risultare meno perniciosi di chi li ha preceduti.
Da alcuni anni in Sicilia il sistema di potere lombardiano sta rimpiazzando quello cuffariano. Ma con tutta la buona volontà è difficile credere che il personale politico e amministrativo della nuova gestione arrivi vergine al matrimonio con il potere.

Roberto Alajmo | 08/02/2011
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