QUANDO NOI MANGIAVAMO NEL CATO
Un marocchino senza patente investe e uccide sette ciclisti in Calabria. Un altro marocchino forse, pare, ha assassinato una ragazzina in Lombardia. Anzi no, ma fa lo stesso.
Due fiammiferi per terra, in due punti diversi del Paese, e si scopre che l’Autostrada del Sole era interamente cosparsa di benzina. Anche grazie ai nuovi veicoli dell’impunitŕ come Facebook, scoppia la bolla dell’intolleranza. Al punto che persino il sindaco leghista di Brembate Sopra č costretto, come Topolino Apprendista Stregone, a cercare di sedare gli animi.
Il buon senso vuole che in questi casi ci si ricordi come migravamo noi italiani fino a nemmeno molti anni fa. Ma al di lŕ del luogo comune politicamente corretto, forse aiuterebbe davvero ricordare come per la migrazione italiana funzionava una doppia scrematura: all’estero si mandavano i migliori – gli intelligenti e quindi indocili, anarchici, ribelli – e i peggiori: mafiosi, delinquenti, incapaci, malati. Lo stesso probabilmente avviene oggi a monte, per i paesi da cui partono i nuovi migranti.
A suo tempo da questa scrematura dei governi č derivata una percezione schizofrenica dell’emigrazione italiana: da una parte c’erano i Frank Capra, i nonni di Scorsese e De Niro. Dall’altra gli Al Capone, i Lucky Luciano. Si puň stabilire anche oggi, a distanza di tempo, che gli italiani erano tutti geni o tutti mafiosi?
Ecco: dire oggi che i marocchini sono delinquenti č un’offesa all’intelligenza, oltre che alla memoria di noi stessi.

Roberto Alajmo | 07/12/2010
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