ANCORA UN PICCOLO SFORZO, PRESIDENTE
(Da Repubblica)
Quando deciderà di fermarsi e smettere di risultare così inafferrabile, Raffaele Lombardo diventerà un formidabile personaggio da romanzo. Uno di quegli antagonisti di spessore, astuti e tortuosi, caratterizzati da un continuo oscillare fra miserie e nobiltà, crudeltà e improvvisi slanci. È un Long John Silver che da anni domina ogni trama politica siciliana, manipolando alleati di destra e sinistra per piegarli al proprio tornaconto. Solo Leoluca Orlando negli ultimi anni, su un piano identitario completamente diverso, è degno di essergli paragonato da un punto di vista drammaturgico. Anche la scelta di rispondere alle domande di Repubblica rende Lombardo diverso dalla risma dei politici che imperversano a livello nazionale e regionale.
Salvatore Cuffaro, che spesso gli viene accostato, al suo confronto appare come un personaggio bonariamente semplicistico, addirittura bidimensionale. Il Cuffarismo Anaffettivo di Lombardo è unevoluzione del clientelismo che meriterebbe di essere studiata da un punto di vista antropologico, prima ancora che politologico. E pure la veemenza della sua autodifesa ne fa un grande personaggio in cerca di autore. Solo la penna di un Pirandello potrebbe mettere su carta o in scena la sua efficiente, scientifica freddezza nella fidelizzazione del consenso. E quel tic nervoso che lo porta a mangiare la carta: un tratto caratteriale da manuale di scrittura creativa.
Naturalmente bisogna distinguere il giudizio letterario da quello politico e quello politico da quello giudiziario, sebbene nel caso di Lombardo gli ultimi due tendano a sovrapporsi. Ogni opinione sul suo conto, allo stato delle indagini, è lecita. Del resto lui non nega: pirandellianamente spiega, specifica, distingue. E si chiama fuori in nome della buona fede.
La procura di Catania si sta prendendo tutto il tempo che le serve, e speriamo che alla fine riesca a spiegare come stanno le cose. Intanto prendiamo pure per sincera la proclamazione dinnocenza di Lombardo: ma nulla garantisce sulla percezione dei suoi interlocutori. Unipotesi è che il Presidente della Regione abbia sottovalutato lo spessore criminale delle persone con cui si incontrava. Lui nega di aver mai creato aspettative men che lecite. È tuttavia probabile che, basandosi sul contesto in cui avvenivano gli incontri, queste persone abbiano interpretato la disponibilità durante la campagna elettorale come qualcosa di diverso e compromettente. Ci sono codici comportamentali che in Sicilia vengono letti in un certo modo.
E del resto risulta agli atti che qualcuno di questi interlocutori si sia sentito successivamente tradito nelle sue illegittime aspettative. In fondo poco importa se questa disillusione abbia fondamento o meno. Il risultato non cambia: nel comune sentire della mafia un atteggiamento del genere viene percepito come un tradimento. Un avversario coerente è un avversario. Ma un presunto alleato che non sta ai patti risulta imperdonabile: ne va della coesione del sistema mafioso di potere. In questo senso poco importa che Lombardo sappia/creda di non essere stato alleato con soggetti pericolosi, almeno per un certo periodo.
Un contributo alla chiarezza forse potrebbe essere un passaggio ulteriore, che è nella disponibilità di Lombardo. Dire, per esempio: sì, mi sono trovato in una situazione imbarazzante, ma adesso ho aperto gli occhi, sto molto più attento alle mie frequentazioni e dora in poi la mia condotta antimafia sarà inappuntabile. In fondo alcune personalità nella sua giunta di governo (Russo, Chinnici, Marino, Centorrino) per la loro storia personale rappresentano altrettanti testimonial della buona volontà di Lombardo. Unammissione di incoerenza, un ripensamento, sarebbero del tutto comprensibili, e aiuterebbero i suoi alleati ad appoggiarlo con maggiore convinzione. In fondo tutti hanno fatto qualche cazzata, nellarco della vita. Sbagliare è umano, persino banale. La vera differenza sarebbe trovare la grandezza danimo per riuscire ad ammetterlo.

Roberto Alajmo | 26/11/2010
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