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NON CE L'HO CON TE, MA CON QUELLO ACCANTO A TE

Io non credo che valga la pena di stigmatizzare, almeno in questo spazio, il comportamento di un ministro dell’interno che parla ai suoi, vuole essere capito dai suoi, e che i suoi capiscono benissimo. Non vale la pena perché i suoi non bazzicano da queste pagine. Inutile quindi dilungarsi a spiegare che la polemica non riguarda per niente il figlio minorenne del ministro, ma semmai il comportamento del ministro e degli agenti di polizia presenti sul posto: chi vuole capirlo non ha bisogno di averlo spiegato, e a chi non ha voglia di capire è inutile sfinirsi a spiegare qualsiasi cosa.
Guardando le immagini della conferenza stampa balneare di ieri, semmai, al caso nostro sarebbe servito voltare la telecamera e inquadrare il pubblico dei giornalisti presenti. A parte il rappresentante di Repubblica, come si sono comportati gli altri giornalisti di fronte alle pesanti insinuazioni nei confronti di un collega? Dall’audio sembrerebbe solo che qualcuno avesse fretta di fare la sua domanda. Di sicuro nessuno, nemmeno successivamente, ha fatto notare al ministro che non si può liquidare un cronista insinuando che sia un pedofilo. Utopistico sarebbe stato aspettarsi una sollevazione generale dei giornalisti presenti, ma almeno un segnale di dissenso me lo sarei aspettato.
Ecco: su questo possiamo lavorare. Quei giornalisti sono nostri rappresentanti e noi siamo il pubblico, abbiamo tutti gli strumenti per giudicare. Alzarsi e andarsene, quando lo spettacolo diventa indecente, è un diritto alla nostra portata. Rinunciare a questo diritto, fin quando esiste, significa essere complici.

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Roberto Alajmo | 02/08/2019

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