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il forum di Roberto Alajmo, scrittore





LAMPEDUSA, PROVINCIA DI PARIGI / 2

(Seconda parte)
...Tutta quella sabbia, ripete quattro, cinque volte. E si vede che ancora gola e occhi ne sono pieni, perché una mano si stringe attorno al collo e l'altra passa velocemente sugli occhi, come per spazzare via assieme granelli e ricordi. Aimée racconta alla giornalista di un uomo che, alla partenza, ha gridato loro “Bonne chance”, e aveva l’aria di scherzare. Racconta di giorni interminabili attraverso il deserto, fino all’arrivo a Dirkou, quando quella parola senza significato ha preso forma e sostanza di centro abitato. Ogni volta che pronuncia quel nome Aimée indurisce la erre. Dirkou è dove le hanno preso tutti i soldi che era riuscita a portare con sé, comunicandole oltretutto che, se davvero ci teneva ad arrivare al mare, doveva mettersi a lavorare. “Fare dei servizi”, le hanno detto. Vuole che le spieghi di che servizi si trattava? Poi, con i soldi che le hanno dato in cambio di quei servizi, è potuta ripartire. Ma nel frattempo erano passati mesi, tanti di quei mesi che nemmeno saprebbe dire quanti. Le hanno confidato un altro nome: Al Gatrun. Fra Dirkou e Al Gatrum c’era ancora più sabbia di quanto a parole lei riesca a raccontare. E arrivata lì ha scoperto che c’erano altri servizi da rendere.
Poi, finalmente, il mare. La prima impressione è di paura. Tutta quell'acqua, tutta assieme, le ha fatto più paura della sabbia del deserto che aveva appena finito di attraversare, forse proprio perché era ancora tutta da attraversare. In un primo tempo il mare non era brutto, ma poi c'è stato qualcuno che guardando il cielo ha detto che presto sarebbe arrivata una tempesta. È bastato quello per scatenerare una serie di urla e preghiere. La notte è arrivata, e assieme alla notte la tempesta. Tutti stavano male, tutti vomitavano. A un certo punto di quel delirio ad Aimée è sembrato di scorgere in lontananza una nave, anche abbastanza vicina; ma non potrebbe giurarci; e comunque è scomparsa nel giro di qualche minuto. Poi il mare si è calmato e sono arrivate delle persone in divisa che hanno fatto passare la gente da una barca a un'altra. Lei non voleva, perché aveva paura di finire in mare. Ma alla fine ha messo assieme tutto il suo coraggio e ce l’ha fatta.
E poi qui.
Dice proprio: e poi qui. Solo allora la giornalista realizza la portata della desolazione di Aimée: per il tono che mette nel pronunciare la parola qui. Anche se un po' di geografia a scuola l’ha studiata, per lei scavalcare il mare significava ritrovarsi già magicamente a Parigi. Dopo quello che ha passato, tutto il mondo aveva il dovere di essere già Parigi. E quest’isola - invece, decisamente - non è Parigi. Non somiglia a Parigi neanche alla lontana.
Le hanno già dato da mangiare e da bere, questo sì. Ma adesso non sa dove la porteranno. Non ha più soldi, ma dice chiaramente che può fare qualche servizio e poi comprare il biglietto per Parigi. Aimée chiede espressamente notizie alla giornalista, che cerca di spiegarle che qui non funziona così, non deve più fare servizi. Ma lei stessa non sembra convinta di quello che dice. Non sa dove li porteranno. Non sa quando potrà andare a Parigi. Non sa nemmeno se le consentiranno di arrivarci. La giornalista è sincera. La guarda negli occhi, mentre dice quelle cose. E gli occhi di Aimée a loro volta dicono che finalmente ha capito.
Ha capito che Arlit, Dirkou, Al Gatrun, Lampedusa, tutti quei nomi stanno a indicare l’identico posto, la stessa cosa, la stessa sabbia, lo stesso mare. Non sono niente. Nomi, luoghi che non contano. Aimée si guarda intorno. Vede come se fosse per la prima volta centinaia di teste imbiancate dalla salsedine, sente le voci e le lingue degli altri. Ne avverte finalmente la puzza. Sandlocked, sealocked. Parigi è lontanissima.
Di fronte a quello smarrimento, la giornalista si smarrisce a sua volta. Non sa più cosa chiedere, non sa come proseguire un dialogo che, adesso se ne rende conto, forse non è mai cominciato. Perché Aimée finora ha raccontato la sua storia a se stessa, non a lei. L’ha raccontata per capire come va a finire. Dove va a finire. A conclusione della sua intervista ha capito che, invece del punto, sulla pagina potrà mettere solo dei puntini di sospensione, per quanto lei possa detestare i puntini di sospensione. Quel che segue coincide con ciò che ha preceduto. Niente conclusioni. Solo un altro attraversamento.
La giornalista distoglie lo sguardo: in lontananza vede macchie umane indistinte, migranti, poliziotti, suoi colleghi, gente del posto.
- Ma se tu mi aiuti a cercare gli amici di mia madre, forse io ci posso andare.
Aimée lo dice in francese e lo ripete in inglese, per essere sicura che il messaggio arrivi a destinazione. La giornalista rimane in silenzio. Anche lei è tornata al punto di partenza, al momento in cui si è chinata volta verso quella ragazza e le ha chiesto se aveva voglia di raccontarle il suo viaggio. Cercava una storia unica, diversa da tutte le altre. Ma Aimée non è diversa da Bilel, Yussef, Alì, che già le hanno raccontato le loro storie. Anche loro sono arrivati qui immaginando che questa fosse l'Europa. E anche loro hanno scoperto che Lampedusa è solo un immenso parcheggio di speranze a breve termine. Solo un altro attraversamento, per giunta in direzione del punto di partenza.
L’equivalente di ciò che al Monopoli è la casella Ricominciate dal Via. Anzi nemmeno: la carta degli Imprevisti che ti ordina di andare in Prigione senza nemmeno passarci, dal Via.
(2/fine)

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Roberto Alajmo | 04/07/2011

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