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LA CADUTA DELLE FALSE CONSOLAZIONI

(Oggi su Repubblica)
Quando tutto va male, conviene cercare consolazione concentrandosi sugli aspetti positivi che a ben guardare si possono trovare anche nei peggiori rovesci. Prendiamo il sette a zero subito in casa dal Palermo contro l’Udinese, che si è trasformato in uno psicodramma cittadino, culminando con la cacciata del migliore degli allenatori possibili.
Per risollevare il morale basta mettersi nell’ottica del tanto peggio tanto meglio, e pensare che in fondo la caduta delle aquile rosanero rappresenta un contributo alla chiarezza. Le fortune della squadra fino a ieri erano in felice controtendenza rispetto a quelle della città nel suo complesso. Fra Palermo e il Palermo c’era una coincidenza solo logistica e onomastica. Dopodiché i disastri della città si svolgevano su un piano diverso rispetto alla brillantezza della squadra.
Ecco: adesso questa anomalia è stata appianata. Rappresentava uno degli alibi che impercettibilmente intossicano la percezione che noi siciliani abbiamo di noi stessi e della nostra terra. Tutto va male, ma almeno c’è il Palermo che ci consola. Il sole che splende. Il mare che ci allieta.
Sono le false consolazioni, quelle per cui ci pare di poter passare sopra alle disfunzioni del vivere in Sicilia. La caduta delle false consolazioni è un fatto positivo perché dovrebbe accelerare il processo di consapevolezza dei siciliani e avvicinare il momento in cui smetteremo di accontentarci senza manco sapere di che.
Dev’essere il periodo. Perché quasi in concomitanza col collasso calcistico del Palermo è stata decretata la caduta di un altro alibi: le autostrade gratis. Le autostrade gratis sono state per anni una falsa consolazione. Il pensiero attenuante era: vabbe’, fanno schifo ma almeno non costano. Con il miraggio della gratuità ci siamo accontentati, timorosi anzi di sollevare qualsiasi obiezione, persino di fare uscire il mugugno dall’abitacolo della nostra automobile: non sia mai che si trasformasse in protesta. Adesso anche le autostrade sono a pagamento, e tanto meglio, perché potremo protestare. Lavoro, guadagno, pago, pretendo - si dice al Nord. Sorvoliamo su lavoro e guadagno, ma da domani anche in Sicilia potremo pretendere, visto che paghiamo. E se non pretenderemo, sarà per intero colpa nostra, senza più attenuanti possibili.
(...)
Il caso del Palermo Calcio è particolarmente evidente. In tanti anni, da Renzo Barbera in poi, non si è mai trovato un imprenditore locale capace di regalare un vero sogno calcistico alla città. Due o tre che ci hanno provato in passato sono finiti male, in carcere o addirittura morti ammazzati. Per tornare in serie A e lottare al vertice abbiamo dovuto aspettare l’ennesimo colonizzatore, e fino a un certo punto l’abbiamo anche amato, per la sua propensione a spendere senza fretta di rientrare nelle spese. Abbiamo sorvolato sulla sua sindrome di Crono, il dio che divora i suoi stessi figli. Abbiamo fatto finta di non accorgerci delle sue mattane. L’abbiamo perdonato - e ci mancherebbe! – quando ha venduto pezzi pregiati per fare un po’ di cassa. Quando ha svillaneggiato tecnici perbene come lo stesso Guidolin, che è venuto domenica scorsa a prendersi la rivincita.
Adesso l’amore fra i tifosi e il presidente sembra finito. La cacciata di Rossi rappresenta il punto di rottura. Non è difficile prevedere che ora le cose finiranno di precipitare. Presto si chiederà a Zamparini di farsi da parte – cosa che lui, del resto, minaccia da tempo - e si cercherà un imprenditore locale disposto a prenderne il posto. Non trovandolo, qualcuno evocherà magari quella stupenda favola chiamata azionariato popolare. Ma alla fine ci ritroveremo soli con noi stessi e i cocci di un bel giocattolo che siamo riusciti a rompere.
Esiste la possibilità che, una volta messi di fronte alle nostre responsabilità, noi siciliani accetteremo di prendere in mano il nostro destino. Oppure no: ma sarà sempre meglio di questa morte lenta.

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Roberto Alajmo | 02/03/2011

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