VIENI FUORI, GIOVANNI
Fino a poco tempo fa ero convinto che le visite di condoglianze a casa, a bara ancora aperta, avessero qualcosa di addirittura morboso. Si va lì e si guarda il morto. Si controlla. Si commenta, addirittura: sembra che dorma, è sempre bello, è irriconoscibile.
La morte di Giovanni, le circostanze in cui è avvenuta, senza la possibilità di un commiato né da vivo né da morto, mi hanno spiazzato e convinto che avevo torto. Inconsciamente noi sentiamo il bisogno di verificare coi nostri occhi. Quasi come se non ci fidassimo della parola dei parenti.
Mi manca il fatto di non averlo salutato e dichiaro qui di non essere ancora rassegnato a non cercare più di contrastare, sul campo da tennis, i suoi serve and volley così irritanti per chi li doveva subire.
Non sono rassegnato a non vedere più le partite di calcio in tv al suo fianco, commentando solo quando c'era veramente qualcosa da commentare, come è giusto che sia.
Non sono rassegnato a non mangiare più le pizze che preparava in casa, personalmente, unico pizzaiolo al mondo che anziché canzoni napoletane canticchiava Lohengrin.
Non mi sento pronto ad accettare il fatto che Giovanni non ci sia più.
Credo che nei prossimi mesi andrò spesso a trovare Maria Grazia e Ruggero. Il pretesto sarà di portare loro conforto. Ma in realtà ogni volta aspetterò che si distraggano per mettermi a cercare ovunque in casa loro, nella assurda convinzione che Giovanni si sia nascosto da qualche parte.
E bisognerà che ti nascondi bene, amico mio, perché prima o poi riuscirò a trovarti.

Roberto Alajmo | 29/03/2019
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