SOLLAZZO E IL '68
Palermo, maggio 1968 (Scuola media G. Carducci già Trentatreesima). Nella mia angusta auletta erano stipati diciotto ragazzini. Spiccava per esuberanza sessuale un certo Sollazzo: non ricordo il nome. Ci chiamavamo, come nell'omomastica cardiologica deamicisiana, per cognome. Il mio cognome buffo e al femminile mi faceva soffrire le pene dell'inferno. Allegra: ehi, bambola, come stai? E faceva il paio con quello di Sollazzo. A dodici anni non sapevo cosa significasse sollazzo: ce lo spiegò un sadico insegnante che lo abbinava, per significato analogo, al mio, ridendoci clamorosamente su e facendo sgnignazzare quegli altri diciassette stronzi. Ebbi probabilmente degli anomali e precocissimi attacchi ipertensivi. Ma lui, Sollazzo, era alto, occhi azzurri e capelli un po' anarchici e biondastri. Non bello, ma navigato, piuttosto trasandato, viveur e sciupapafemmine. Io, biondino, occhialuto, vestito in perfetto ordine, pantaloni all'inglese (da suicidio), primi peli impertinenti e patologicamente inibito. Se una femminuccia per puro caso mi guardava o ero io a dare uno sguardo involontario e fugacissimo ero preso da un rossore violento che metteva a repentaglio tutti i capillari facciali. Le lenti di quei fottuti occhiali si appannavano e sudavo freddo. Un giorno sulla parete su cui poggiava perpendicolarmente il mio banco, apparve una scritta incisa con biro rossa: "Rosa ti amo". Non fui io ma temevo che quella strana vicinanza fosse la prova schiacciante di un mio misfatto. Scandalo, scandalo! Preside e vice preside in aula con gli occhi fuori dalle orbite, urla e disapprovazione, aggettivi altisonanti, pugni sulla scrivania dell'insegnante di lettere, mi pare. Chi è stato? Chi cazzo è stato? Il preside perse il controllo fisico e dialettico. Io pensai di morire. Fu individuato il colpevole, non so come. Ero in totale black out. Sollazzo, naturalmente. Sospeso per quindici giorni. Per atti osceni, mi pare. Rosa era una brunetta con un bel culetto: lo dico col sesso di poi. Allora non osavo guardare i culetti delle femminucce di facili costumi...Cominciò il mio sessantotto. Maramaus (Gianni Allegra: Afganistan)

Roberto Alajmo | 31/05/2008
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