PALERMO E NAPOLI
Succede che a Napoli le casalinghe prendano a pietrate i poliziotti che tentano di arrestare i rapinatori, e succede che il questore dica: "Scene del genere non le ho viste nemmeno a Palermo", smuovendo un bel po' di suscettibilità fra la popolazione locale. Viceversa, è con qualche sordido sollievo che da qui si guarda ai problemi di ordine pubblico dei cugini napoletani. Ha ragione il questore di Napoli: a Palermo scene del genere avvengono di rado. Anzi, quando si sono fatte spettacolari retate di posteggiatori abusivi extracomunitari è successo che la gente abbia applaudito allo spiegamento delle forze dell'ordine. La differenza è tutta nel calibro dei reati perseguiti. Qui se ci viene rubato un ciclomotore ci facciamo una croce sopra, oppure paghiamo il riscatto per riaverlo. La denuncia viene considerata ormai un'usanza desueta. In fondo Palermo e Napoli sono figlie entrambe dello stesso Stato assistenziale, caratterizzato dall'essere allo stesso tempo troppo e troppo poco presente. Lo Stato si comporta col meridione come quei genitori che per farsi perdonare le proprie assenze compra un sacco di regali al proprio figlio. In questo modo pensa di essersi lavato la coscienza, e si sorprende quando poi scopre che il figlio è cresciuto male, diventando un piccolo delinquente. Allora gli dà uno schiaffo, e si sorprende ancora di più quando il figlio glielo restituisce, lo schiaffo. Ecco, i cugini Palermo e Napoli hanno due padri che si somigliano. Solo che uno dei due ormai ha rinunciato a provarci, coi ceffoni. Un trattamento che riserva solo ai figli degli altri.
Roberto Alajmo | 22/06/2005
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