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CUORE DI MADRE


CALATRAVA: LA DANZA IMMOBILE (seconda parte)

... Le strutture che immagina e progetta paiono giganteschi scheletri di dinosauro praticabili: vertebre, costole, orbite vuote, pezzi di cranio. E dentro ognuno di questi pezzi viene voglia di entrare. In certi casi addirittura ci si è dentro anche quando si pensa di esserne fuori. I dinosauri di Calatrava inghiottono e ruminano migliaia di persone ogni giorno ai quattro angoli del mondo, alla stazione do Oriente di Lisbona così come alla Cittadella della Scienza di Valencia. L’architetto catalano è la personalità che in questi anni meglio risponde alla magari banale definizione di realizzatore di sculture abitabili. Gli amministratori delle maggiori città del mondo si sforzano di commissionargli qualcosa: Gerusalemme, Valencia, Atene, Barcellona. Le città del Mediterraneo innanzi tutto, in omaggio all’ispirazione primaria di Calatrava; ma anche Dallas, Berlino, Buenos Aires, Dublino e tante altre, a conferma dell’universalità del suo genio. In Italia meno, molto meno di quanto si potrebbe. Per tutte le caratteristiche finora accennate, è significativo che nel cuore di Venezia stia sorgendo proprio un ponte disegnato da Calatrava: perché un ponte è simbolo di mobilità persino in una città immobile come Venezia. Naturalmente questa considerazione non esimerà dalle polemiche, che in casi del genere noi italiani non ci facciamo mai mancare. Solo da noi i centri storici risultano intoccabili, perpetuamente uguali a se stessi, museificati fino a sembrare l’ossario di quel che furono. Certo, in un microcosmo perfetto come Venezia un ponte “moderno” pare una bestemmia. Se ne può discutere, se ne è discusso e se ne discuterà all’infinito, ma già questo discutere è segno di vitalità. A prescindere dalla sua riuscita estetica, il ponte di Calatrava è un sobbalzo nell’encefalocardiogramma di una città che fino a ieri poteva sembrare in coma irreversibile.

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Roberto Alajmo | 12/03/2008

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