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CALATRAVA: LA DANZA IMMOBILE (prima parte)

Il bello dell’architettura, rispetto agli altri generi artistici, è che alla fine risulta abitabile. Uno può ammirare finché vuole la Vergine delle Rocce, ma per capire il talento di Leonardo non c’è niente di meglio della vertigine che si prova salendo e scendendo la doppia rampa del castello di Chambord. Difficile immaginare di potersi smarrire trovandosi su una scala: ma può succedere, se questa semplice scala è opera di un genio. In questo senso, Santiago Calatrava, con la sua predilezione per i ponti, è l’architetto più moderno, laico e democratico della nostra epoca. Perché moderno, laico e democratico è il concetto stesso di ponte, struttura abitabile e non privatizzabile per eccellenza. Sul ponte si passa, prima o poi passano tutti. Si attraversa, lo si vive in continuazione. Un ponte serve a unire sponde differenti, e anche questa è metafora di modernità: dio solo sa quanto ci sia bisogno di ponti. In una chiesa possono ugualmente entrare tutti, fedeli e non, ma lo scopo di un edificio di culto è, appunto, l’esercizio della religione. Il ponte invece rappresenta il massimo simbolo architettonico della democrazia. Ha una sua utilità anti-ideologica. Anzi, nasce sulla base di un’unica idea, quella di unire idee diverse. Il ponte è sintesi, Calatrava è artista di sintesi. Sfugge ai tentativi di incasellarlo nella schematizzazione classica-dicotomica fra Gotico e Barocco. Perché lui è Gotico e Barocco allo stesso tempo. E anche classico, e contemporaneo, e statico, e dinamico, e solenne, e ironico e un sacco di altre cose all’apparenza incompatibili fra loro. Unico, personalissimo è il suo modo di adoperare acciaio e cemento per rendere stabile ciò che pare impossibile rimanga all’impiedi. I suoi edifici danzano pur restando perfettamente immobili. Le sue forme ondeggiano, si inarcano, impennano, scorrono, galleggiano, si avvitano su se stesse facendosi beffa delle leggi di staticità. In questo senso Calatrava è anche un po’ prestigiatore. Nelle sue opere il trucco c’è ma non si vede. Bisogna ammettere che c’è anche un minimo compiacimento, nelle sue realizzazioni. Gli piace creare scalpore nel pubblico: ma è l’unica concessione alla pura esteriorità, da ascrivere al carattere giocoso del suo temperamento.

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Roberto Alajmo | 11/03/2008

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