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IL PREDATORE DEL PACCO PERDUTO

(Da Sette)
Osservare attentamente questa fotografia: in basso a sinistra c'è un uomo. Se non ci fosse quell’omino lì, si stenterebbe a capire le proporzioni di questo ciclopico hangar dove un noto corriere postale tiene stivata la corrispondenza da smistare.
Vedendo questo sistema di canyon metallici torna subito in mente la scena finale dei “Predatori dell’arca perduta”, dove l’Arca dell’Alleanza, che per tutta la durata del film è stata oggetto di passioni e traversie, viene archiviata in un immenso magazzino perduto nel deserto, chiusa in una cassa di legno, in mezzo a un milione di altre casse di legno. Lì dove verrà presumibilmente dimenticata per ancora qualche millennio.
Prende una vertigine a fantasticare sulle storie che potrebbe raccontare ogni pacco ancora inevaso: affari, amori, speranze di milioni di persone che in questo momento si trovano in sospeso fra spedizione e consegna, aspettando l’esito di chissà quali vicende.
Ma per figurarsi una drammaturgia univoca di questa fotografia bisogna tornare all’omino in basso a sinistra, interamente accerchiato da gigantesche scaffalature. È troppo piccolo per scrutarne il viso. Ma con uno zoom immaginario si può intuire il suo sgomento di fronte a quell’universo di pacchi inevasi. Magari ne sta cercando uno in particolare, e di sicuro l’organizzazione aziendale ha previsto un sistema d’orientamento che gli consenta di ottimizzare il lavoro. Ma lo stesso, forse, l’omino è stato afferrato da un momento di panico, cogliendo anche solo per un attimo le proporzioni di quel cosmo, e la propria insignificante piccolezza.

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Roberto Alajmo | 13/01/2012

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