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REMIX: SI FA MA NON SI DICE

Non è che ce l'abbia con Petrarca o D’annunzio, semmai contro petrarchisti e dannunziani. Ma nemmeno: contro una certa idea estetizzante di poesia.
In sintesi: “poesia” è una parola che per sua stessa natura non dovrebbe mai nemmeno essere pronunciata. Funziona come in una specie di incantesimo, per cui il fatto stesso di formulare la parola fa svanire l’oggetto.
Nella favola di Amore e Psiche, Apuleio racconta un incantesimo del genere. Eros si innamora di una donna mortale - Psiche, appunto - e la fa condurre alla sua residenza. Qui i due si amano con un unico limite, imposto dal dio: i loro amplessi devono avvenire nella più completa oscurità. Psiche non deve fissare in volto il suo amante. Notte dopo notte Eros e Psiche raggiungono vertici di passione mai toccati prima di allora. Finché un giorno Psiche, su istigazione delle sorelle, non resiste più e decide di vedere il volto del suo amante. È questo cedimento che rovina ogni felicità. Una goccia d’olio cade dalla lanterna sul viso di Eros, che si sveglia e, sentendosi tradito, vola via lasciando Psiche da sola a disperarsi.
Allo stesso modo, voler scrutare il volto della poesia significa dover rinunciare alla poesia stessa. Nel caso di “poesia”, il significante e il significato si respingono come nei magneti i poli dello stesso segno, fino a risultare incompatibili. Il paradosso è che la poesia può annidarsi quasi ovunque, ma quasi mai nei libri che la parola “Poesia” ce l’hanno scritta sul frontespizio o in copertina.

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Roberto Alajmo | 28/12/2015

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