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REMIX: EROSTRATO 2020

(Questo pezzo è uscito sul Mattino molti anni fa, ma mi è tornato in mente a proposito del proliferare di scritte antisemite su tutto il territorio nazionale: per dire che le cose sono sempre un po' più complicate di quel che dovrebbero)
(...)
La cosa più comica e spaventosa di tutte è la dichiarazione rilasciata dal diciassettenne arrestato mentre appiccava il fuoco in un bosco demaniale del Parco del Gargano. Non era un forestale in cerca di futura occupazione. Non era uno psicopatico adoratore del fuoco. Non era, filologicamente parlando, un piromane, ossia un maniaco ossessionato dalle fiamme.
No. Era un ragazzo di diciassette anni, tutto qui. Si è giustificato dicendo che – testuale - siccome lo facevano tutti, anche lui voleva dar fuoco al bosco per provare l’emozione. Pura e semplice curiosità, insomma. Nella concitazione delle emergenze che si susseguono, frastornati dal caldo, forse finora avevamo sottovalutato questo aspetto del fenomeno dei fuochi d’estate.
I moventi di chi incendia i boschi sono i più svariati, ma ce n’è uno che a prima vista potrebbe sembrare secondario: l’idiozia. Come insegna Carlo Maria Cipolla, si è normalmente portati a trascurare la stupidità come fonte di disastri. Eppure bisognerebbe tenere sempre presente una delle sue regole fondamentali: lo stupido è più pericoloso del mascalzone.
Tecnicamente parlando, mascalzone è colui che procura un danno per ricevere un vantaggio. Il pastore o il lavoratore stagionale della forestale sono mascalzoni che sperano nel proprio tornaconto e se ne fregano del resto, vite umane comprese. Lo stupido invece, è anche peggio. Lo stupido sfugge alle indagini e ai rilevamenti sociologici perché al danno che arreca non pretende nemmeno che corrisponda un vantaggio per sé. Lo fa gratis.
In quanto individuo mediamente intelligente e civile, ognuno di noi stenta a crederlo, ma ci sono persone che la mattina si svegliano e, se si accorgono che soffia vento di scirocco, non vedono l’ora di mettere mano all’accendino e correre a procurarsi i loro quindici minuti di celebrità indiretta, che a quanto pare rappresenta la dose minima garantita.
Gli stupidi di questo genere specifico non sono molti, visto che poi non è possibile vantarsi davanti alle telecamere di aver dato fuoco a un bosco, ma anche uno solo può fare danni incalcolabili. E questo, per quanto risulti difficile concepirlo, solo ed esclusivamente per vedere di nascosto l’effetto che fa.
Come il protagonista della canzone di Jannacci. Per loro i titoli dei quotidiani dell’indomani sono un movente sufficiente a dire “vengo anch’io”. Ci scappa un morto? Due? Tre? Quattro? Anche se fossero dieci, non è cosa che li riguardi. Il diciassettenne pugliese, facendosi arrestare, è diventato il fenomeno più evidente e per alcune settimane fungerà da capro espiatorio, fatto salvo l’anonimato che gli viene garantito dall’essere minorenne: e ben gli sta, visto che a soggetti così la visibilità non dispiace.
Ma metaforicamente parlando, lui è solo il fiammifero che ha fatto divampare il bosco dell’ignoranza, intesa proprio come mancanza di cultura. Adesso è facile e allo stesso tempo labile chiedere per lui una punizione esemplare. Sarebbe bastato che a tempo debito qualcuno dalle sue parti avesse provato a insegnargli l’abc della convivenza civile. Qualcuno che al suo primo “vengo anch’io” gli avesse replicato con sufficiente determinazione: “no, tu no”.

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Roberto Alajmo | 13/02/2020

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