SPARANO SEMPRE PIU' VICINO
Non posso dire che lo conoscevo bene, Arnaldo Panascia. Due mesi fa mi sono reso conto di non avere nemmeno il suo numero di telefono. Quando l'ho scoperto è stato un piccolo sollievo: mi sono sentito esonerato dal chiamarlo. Anche perché non avrei saputo cosa dirgli. Cosa si dice a una persona che sa di essere sul punto di morire?
Eravamo colleghi. Due colleghi intelligenti sanno che non si deve stringere amicizia, anche fra persone che si stimano e si trovano simpatiche a vicenda. Anche fra persone che avrebbero qualcosa di cui parlare, oltre le ovvie maldicenze aziendali. E vaffanculo la carriera, se questo significa fare cosca.
Con Arnaldo Panascia lavoravamo volentieri assieme, ridevamo, ma poi ognuno tornava a casa e si chiudeva nella propria maschile discrezione, convinti entrambi che il silenzio sia sempre da preferire alle parole che già si sanno.
Per questo non avevo il suo numero. Per questo non l'ho chiamato. Per questo, e anche perché quando stai per morire i semplici conoscenti devono fare un passo indietro, lasciando fare ai parenti e agli amici veri.
Adesso sarebbe facile e retorico far finta di dirti quel che negli ultimi due mesi non ho avuto il coraggio di dirti. Una cosa però sì: ho guardato le tue foto, su Facebook. E ho trovato, anche negli occhi dei giorni più felici, una specie di ombra. L'ombra di una predestinazione.
Volevo solo avvertirti.
Ma anche questo lo sai già.

Roberto Alajmo | 19/01/2011
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