REMIX: I GUASTI DELLA TIMIDEZZA
Estraggo dal 21 ottobre 2002 il ricordo di un incontro con Dario Fo. Soprattutto il timore reverenziale nei confronti dello Scrittore/Premio Nobel. Fo era venuto a Palermo per interpretare “Ubu Bas” e con l’occasione aveva destinato un pomeriggio alla presentazione del suo libro autobiografico “Il paese dei Mezarat”.
Che avessero chiesto a me di presentarlo era ovviamente un onore. Ma quel genere d’onore che si lascia facilmente schiacciare dall’apprensione. Ci tenevo prima di tutto a non apparire nei suoi confronti eccessivamente preoccupato per il carico di responsabilitŕ. Č un sentimento molto provinciale, che mette assieme orgoglio e timidezza, e consiste nell’ostentare distacco mettendo a tacere ogni palpito di cordialitŕ.
Il risultato fu che mentre lui, Dario Fo, era simpatico senza affettazioni, io restavo paralizzato dalla disinvoltura che mi ero autoimposto. Tutto sommato, devo essergli sembrato abbastanza stronzo.
Per l’occasione mi ero preparato delle domande molto intelligenti che furono neutralizzate dall’irruenza comunicativa di Fo, e il mio ruolo si ridusse ben presto a dirigere il traffico delle domande da parte del pubblico. Ma non mi dispiaceva quel ruolo pubblico da interpretare con leggerezza: consideravo che poi sarebbe stato naturale trovare un momento per entrare in confidenza. Noi due da soli.
Solo che poi, quando fině l’incontro e si trattň di squarciare il velo di pudore che io stesso avevo calato sulla nostra conoscenza, non ci fu modo: lui travolto dalle richieste d’autografo, io da un fiotto di timidezza ulteriore. Andai via quasi senza salutarlo, e il mio rapporto con Dario Fo si concluse lě: prima ancora di cominciare veramente.