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ELOGIO DELL'ACCETTAZIONE

Ovvio che si impara dai libri. Quel che fino a poco tempo fa non immaginavo è che si impara anche dai propri libri. Dai libri che scrivo personalmente.
“L’Estate del 78” mi ha insegnato che fra gli opposti estremismi di rassegnazione e rivolta esiste una terza via, quella dell’accettazione.
Non è questione di fare un compromesso. E quand’anche: ho passato da tempo l’età in cui era diserzione fare compromessi con la realtà. Accettare – il dolore, l’assenza, la sconfitta – è un modo per sopravvivere e se non altro migliorare la qualità della propria infelicità: il massimo, praticamente.
Il male di vivere fa parte di me, come una cellula cancerosa dormiente. Bisogna tenerla sotto controllo, certo. Ma si trova lì da talmente tanto tempo che ho imparato a conviverci, anche grazie alla terapia autoinflitta di scrivere quel libro lì.
Bach predica preghiera e rassegnazione. Beethoven istiga l’uomo alla rivolta. Io, sommessamente, preferisco Mozart, che sorridendo fra le lacrime prescrive una forma di accettazione. Non escludere di poter migliorare le cose, ma intanto accogliere il meno peggio che esiste in ogni situazione.
(Adesso per favore cliccate [LINK] e ascoltate l’aria della Contessa nelle “Nozze di Figaro”, per meglio capire quel che sto dicendo).

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Roberto Alajmo | 11/11/2019

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