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IL CASTAGNO DEI CENTO CAVALLI

(Una sintesi del pezzo uscito sull'ultimo numero della "Lettura" del Corriere della Sera)
(...)
L’albero che in Italia meglio rappresenta la grandiosa superiorità della natura si trova in Sicilia, nella zona di Sant’Alfio, alle pendici dell’Etna. È noto come Castagno dei Cento Cavalli per via di un’imprecisata leggenda. Si narra di una regina sorpresa da un temporale durante una battuta di caccia, che trovò riparo sotto l’albero monumentale assieme all’intera sua corte di cavalieri, e lì rimase per un’intera notte. Alcune versioni della leggenda acquistano sfumature erotiche alludendo al fatto che la regina, complice l’oscurità e la benevolenza del riparo, si sarebbe abbandonata alla passione assieme a uno o più dei cavalieri che l’accompagnavano. La leggenda ha la discrezione di non rivelare chi fosse la regina in questione. Volendo fare riferimento a figure storiche, le indiziate sono almeno tre: Isabella d’Inghilterra, terza fra le mogli di Federico II, Giovanna D’Aragona o Giovanna D’Angiò, che era celebre per la sua dissolutezza e poteva essere protagonista della versione a luci rosse della leggenda, se non fosse per il fatto che mai, sulla base di fonti certe, questa sovrana ha messo piede in Sicilia.
Quando il castagno venne ritratto da Jean Houel, nella seconda metà del Settecento, qualcuno aveva trovato modo di costruire una casa praticamente dentro il tronco, dettaglio che ben rappresenta la tendenza dei siciliani a edificare pressoché ovunque. Un’altra ingiuria umana al venerabile castagno è il principio d’incendio che intaccò uno dei fusti nel 1923. Le fiamme a quanto pare furono appiccate da alcuni abitanti della vicina cittadina di Giarre per questioni di campanile, in odio agli abitanti di Sant’Alfio. Anche questo episodio rende l’idea del rispetto che gli uomini hanno per la natura, e i siciliani per sé stessi.
Oggi come oggi il portentoso castagno ha una circonferenza di 22 metri e ne sviluppa almeno altrettanti in altezza. In realtà sono tre fusti distinti, e ancora si discute se si tratta di un’unica pianta oppure tre, gemelle siamesi fra di loro. Nemmeno è facile stilare classifiche affidabili. Pare che sia l’albero più grande d’Italia e il più vecchio d’Europa. Ma anche sull’età non esistono certezze assolute: quella attribuita dai botanici varia fra i tre e i quattromila anni. Il che significa che questo castagno ha avuto il tempo di veder passare sotto i suoi rami l’intera storia della Sicilia, dagli antichi greci all’autonomia regionale, e ancora, e ancora.
L’ammirazione dell’uomo per questo verde ciclope (la leggenda di Polifemo era ambientata poco lontano da qui), si arricchisce di una punta d’invidia. Perché idealmente le sue fronde hanno riparato dalla pioggia e dal sole abbastanza generazioni da perderne il conto. La portata del castagno di Sant’Alfio è tale che sui suoi rami potrebbe collocarsi l’intera genealogia dei siciliani, e le dominazioni, e le contraddizioni cui la Sicilia è stata sottoposta almeno da quando la storia è storia. A lambire le sue radici sono stati idealmente Empedocle e Archimede, Ruggero il Normanno e Federico di Svevia, Giuseppe Garibaldi e Rosario Crocetta. E assieme a loro, affanni e velleità di innumerevoli creature umane che, per quanto illustri, mai potrebbero immaginare di sfidare la grandiosità di questo colosso.
La tentazione letteraria è addirittura di attribuire a quest’albero una personalità, e una personalità consolidata su versante del disincanto. Veramente troppi cavalieri - e troppe regine, e troppi re – ha visto trovare riparo sotto le sue fronde colossali. A voler sbrigliare la fantasia, questo castagno dal tronco triplice come le gambe della Trinacria, potrebbe essere l’incarnazione stessa della Sicilia, se non altro per l’indifferenza fatalistica con cui ha accordato la propria ombra alle generazioni che si sono susseguite, ciascuna con l’illusione di rimanere eterna: e durando invece il tempo di un sospiro, se si misurano i secoli col metro della natura. L’indifferenza del castagno di Sant’Alfio è l’indifferenza che l’Isola mostra nei confronti della fretta del mondo. Correte finché volete, sembra voler dire il Castagno ai Cento Cavalieri: io qua vi aspetto.

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Roberto Alajmo | 22/11/2017

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