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IL ROGO DELLE CERTEZZE

Prima di archiviare la morte sul rogo di Marcello Cimino, tre brevi di osservazioni.
La prima:
Scoprire che si trattava di un omicidio per motivi di gelosia ha rasserenato un po' le nostre coscienze, perché ci rassicura scoprire che il movente era riconducibile al vecchio genere di violenza, non a quello nuovo che, come tutte le cose nuove, ci fa più paura.
La seconda:
Viceversa, ci ha inquietato scoprire che si trattava di un omicidio fra italiani, e fra italiani qualsiasi. Le facce di entrambi ci somigliavano molto. Sarebbe stato più rassicurante scoprire che a concepire un delitto del genere fosse stato qualcuno di diverso, se non altro "diverso" nel senso di alterato da qualche fattore esterno. Se non un extracomunitario, almeno un giovane drogato o un neonazista sarebbero stati perfetti. Invece no: tutto molto ordinario, tanto da pensare che potrebbe capitare persino a noi di svolgere entrambi i ruoli, vittima e carnefice, indifferentemente.
La terza constatazione:
Le figlie adolescenti hanno scoperto solo così la vita da senzatetto di loro padre. Una vergogna postuma che finisce di seppellire Marcello Cimino. La scoperta, che apre un mondo per queste ragazze, lo dovrebbe aprire anche per noi. Il mondo della percezione che i figli hanno dei loro genitori.
E' vero che loro sono per noi un pianeta sconosciuto. Ma a quanto pare ancora di più noi lo siamo per loro.

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Roberto Alajmo | 13/03/2017

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