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Cuore di madre


REMIX: AMMETTO DI NON ESSERE UN ESEMPIO DI RIGORE, MA...

Quando squilla il telefono o arriva una mail, io aderisco.
Aderisco sempre, a ogni petizione, appello, solidarietà o referendum. Dico sempre sì, senza esitare.
A meno che, certo, non si tratti palesemente di un’istanza di retroguardia; ma non vado molto per il sottile.
Questo sia detto per il lettore, perché sappia cosa pensare ogni volta che vede la firma del sottoscritto in calce a qualsiasi appello.
Spesso si tratta di battaglie sacrosante, e bisogna essere senza cuore per negare la propria firma quando si tratta di questioni ovvie. Né vale l’obiezione utilitaria: in Italia, negli ultimi cinquant’anni, non si ricorda una petizione di intellettuali che abbia sortito qualsiasi risultato.
Il mito di Sisifo insegna che certe cose bisogna farle sapendo che è inutile farle.
A essere del tutto sincero, però, dietro ogni civilissima e condivisibilissima raccolta di firme, specie da parte dei quotidiani, mi sembra si nasconda una forma di fidelizzazione del pubblico che mi piace meno. Come non mi piacciono le raccolte-punti del benzinaio. Oppure quelle tessere del supermercato che mi sento in dovere di tenere nel portafogli per utilizzarle quando faccio la spesa, di modo che alla fine della mia vita potrò ricevere la funzionale padella antiaderente, l’esclusivo tostapane o la simpatica caraffa termica.
Questi appelli sono come le tessere che si accumulano una dopo l’altra, gonfiando e infestando il portafogli. (Quando di recente me l’hanno rubato ho dovuto fare l’inventario di quel che c’era dentro e ho scoperto che ne avevo accumulate un bel po’, di tesserine plastificate. Averle perse è l’unico sollievo che mi è rimasto in quel doloroso frangente).
Detto questo, ripeto e confermo: se me lo chiedono, io firmo sempre.
Ammetto di non essere un esempio di rigore, ma possiedo una motivazione più che seria: la vita è breve e non bisogna perdere tempo, a meno che non sia strettamente necessario. Ergo: faccio prima a firmare piuttosto che a spiegare perché no.

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Roberto Alajmo | 24/03/2015

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