NICK-HORNBY,-NON-BUTTIAMOCI-GIÙ

Dopo aver letto l'ultimo libro di Nick Hornby, il bravo recensore si trova obbligato a rispondere a una serie di domande all'apparenza semplici, del tipo: "Non buttiamoci giù"è meglio o peggio di "Febbre a 90"? Meglio o peggio di "Alta fedeltà"?Meglio o peggio di "Un ragazzo"? Meglio o peggio di "Come diventare buoni"?Solo che quando si parla di un autore altamente regolarista come Hornby, che ha conquistato dal '92 a oggi un gran numero di lettori molto affezionati,la questione è del tutto soggettiva: se si ama il calcio e si ignora del tutto la musica rock, "Non buttiamoci giù" va collocato un po' sotto il primo e un po' sopra il secondo. Altrimenti, se chi legge è un maschio latino adulto, probabilmente continuerà a considerare "Un ragazzo" il non plus ultra. Eccetera, eccetera. Il problema è che Hornby sfugge alla tendenza progressivista che si tende ad attribuire a ciascun autore. Il suo talento non è un grafico ascendente, e nemmeno discendente. Ogni suo libro è buono grosso modo come quello che lo ha preceduto e come quello che seguirà. È persino scritto in uno stile che ha raggiunto all'esordio il suo standard e lo ha poi mantenuto invariabile. In fondo è questo che piace e conforta i suoi lettori. Stavolta tutto comincia la notte dell'ultimo dell'anno, sul tetto di un edificio di Londra. Uno dopo l'altro entrano in scena quattro personaggi molto diversi fra loro. Il conduttore televisivo, la madre single di un ragazzo disabile, la ragazzetta logorroica e il musicista fallito. Quattro storie diverse alle spalle e un'unica determinazione: farla finita. Mentre in tutta la città impazzano i festeggiamenti, sulla terrazza si crea una coda per riuscire a buttarsi di sotto. Il romanzo è costruito con un continuo rimpallo dell'io narrante. A turno prendono la parola Martin, Maureen, Jess e JJ. Ognuno la racconta a modo suo, e Hornby è bravo calarsi nel linguaggio di ciascuno riproducendolo senza cedimenti che non siano al senso dell'umorismo, che è uguale per tutti e uguale poi a quello dello scrittore irlandese. A scrivere e descrivere sono in quattro, e a parte gli smottamenti grammaticali di Jess, la ragazzina, bisogna ammettere che scrivono tutti e quattro da dio. Molta trama è lasciata ai dialoghi, il che lascia prevedere che anche da questo romanzo verrà presto tratto un film. Gli sceneggiatori si troveranno buona parte del lavoro già fatto, e non è difficile prevedere che sarà un bel film. Malgrado tutto il compatimento dovuto agli aspiranti suicidi, non si può negare che i protagonisti siano tutti e quattro dei bei rompicoglioni, specialmente Jess, che non conosce onesta dissimulazione e apre bocca per dire qualsiasi cosa gli passi per la testa. Martin è fatuo come dev'essereun ex conduttore televisivo di successo. Ex in quanto gli è capitato di portarsi a letto una quindicenne, e i tabloid scandalistici gli hanno fatto a pezzi in un colpo solo carriera e famiglia. JJ viene dall'America e proprio non riesce ad accettare il suo destino di mediocrità artistica. Maureen è una bigotta, ma anche il personaggio per cui l'autore nutre più simpatia, se non altro per via di un carattere biografico in comune: anche Hornby deve fare i conti con un figlio problematico. Comunque sia, ognuno si ritrova a scaricare sui compagni le proprie frustrazioni,cercando di trovare un motivo per cui la vita altrui, almeno quella, valga la pena di essere vissuta. In un romanzo del genere la bravura sta nel riuscire a guardare alle vicende esistenziali che si intrecciano mantenendo uno sguardo lucido. A questo serve la sfigata ironia di cui Hornby è maestro. Lui non giudica i suoi personaggi. Si limita a non guardarli mai dall'alto in basso, ma sempre da sotto in su, di modo che questa sfigata ironia possa salire leggera, e mai abbattersi pesante sui rispettivi destini. Ne viene fuori una storia corale, picaresca, rabdomantica, estratta e concentrata nell'arco di novanta giorni, che riesce a mantenersi fino alla fine sul sottilissimo crinale che c'è fra cinismo e pietismo. Inevitabile il finale aperto, che lascia al lettore la decisione definitiva su cosa fare della vita dei personaggi,oltre che della propria. Giudizio: 3 soli Titolo: "Non Buttiamoci giù" Autore: Nick Hornby Editore: Guanda Traduzione (molto brillante): Massimo Bocchiola Pagine: 283 Prezzo: 15,50 Distanza media fra un blocco di dialogo e l'altro: dieci righe Intercalare ricorrente: "Cazzo" Ricorrenza media della ricorrenza: ogni venti righe. Ambientazione: Londra, Tenerife, Starbucks Café. Se fosse un altro romanzo, ma completamente diverso: "Il ponte di San Luis Rey" di Thornton Wilder.


Roberto Alajmo | 19/02/2006 | Letto [4740] volte

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