"Se non vai al funerale di una persona, non aspettarti che quella persona poi venga al tuo."
(Lawrence Peter 'Yogi' Berra)
La vicenda dellimprenditore di Gela passato direttamente dalleroismo antiracket allaccusa di riciclaggio è a suo modo esemplare dei danni che può fare leccesso di zelo, anche quando è animato dalle migliori intenzioni. Non bisogna aver pudore ad ammettere che, forse nella speranza di dare un segnale positivo, negli ultimi anni qualcuno è stato arruolato alla causa della legalità con fretta eccessiva di gettare il cuore oltre lostacolo e innescare il circolo virtuoso dellinsurrezione antimafia. Non sarà probabilmente nemmeno un caso isolato, ed è successo già in passato. Qualcuno ricorderà la vicenda del boss di un paese alle porte di Palermo, che sera concesso il paradosso di organizzare e consegnare un premio-legalità a Raoul Bova, in quanto interprete televisivo del Capitano Ultimo. Il problema è che con gli arruolamenti frettolosi si ottiene un risultato diametralmente opposto a quello desiderato. Il contraccolpo psicologico di un abbaglio del genere è micidiale, e il pessimo messaggio che arriva allopinione pubblica diventa: è tutto uno schifo, tanto vale lasciare le cose come stanno. Viceversa, risultati duraturi in questo campo si ottengono solo limitando la retorica e combinando il rigore allefficienza: la vittima del racket va individuata con certezza e aiutata con rapidità. Il resto è solo antimafia da parata. Dietro la retorica, che tanto è sempre gratuita, spesso si nascondono le mistificazioni. E ogni mistificazione non è solo un danno erariale, ma anche un micidiale veicolo di propaganda negativa. La mafia occupa sempre lo spazio che le si concede, e ci mancava solo questa: il rilascio delle patenti di onestà. Viene da ripensare al famoso articolo di Leonardo Sciascia sui professionisti dellantimafia. Un articolo sbagliato nei modi, nei tempi e negli obiettivi personali. In tutto, insomma, tranne che nellidea di fondo.