Il-caffè-della-mattina

Io affido le mie speranze residue di eternità ai fondi del caffè. Il caffè era una roba misteriosa. Lo prendeva mio padre e si metteva un unguento tra i capelli, all’alba (“Da una finestra di ringhiera, mio padre si pettinava. L’odore di brillantina si impossessava di me” – Mal D’Africa). Quando lui e i suoi scarni capelli sono stati inghiottiti da un vortice che non ho ben compreso, mi è rimasto il suo caffè. Ho imparato a sorseggiarlo piano piano, la mattina. E’ l’unico momento in cui posso guardare mia madre e ricordarmi la sua faccia. Perché io lo so già che, prima o poi, un vortice passerà e porterà via anche lei. Allora, cerco di non smarrire i suoi lineamenti alla rinfusa nel vento che verrà. Le parole, quelle non si scordano. Ma restano prive di colore, col fantasma della voce, avvizzite e stese ad asciugare sulla riva destra del rimpianto. Così, prendo il caffè ogni mattina con mia madre e parliamo di quanto è cattivo Berlusconi. E’ tutta apparenza. In realtà, lavoriamo per non perderci. Per trattenere una goccia di amore, nella tazzina del caffè. Romp (L'immagine è di Luigi Riotta)


Daniela Vaccaro | 17/06/2008 | Letto [1692] volte

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