IN-MORTE-DEL-FEROCE-SALADINO

(Una sintesi dell'articolo scritto per "Il Caffè" [LINK])
Sempre più spesso, negli ultimi anni, si ha come l’impressione che l’Italia voglia fare a meno della Sicilia. È la stessa impressione che si ha dell’Europa, che voglia fare a meno dell’Italia, e del resto del mondo, che voglia fare a meno dell’Europa. Una specie di disprezzo concentrico che riguarda i parenti più poveri e arretrati, e che finisce per coinvolgere le radici stesse della civiltà occidentale. Ogni componente immagina di poter fare a meno delle proprie radici, considerate ormai come una zavorra. Ma tant’è: l’Europa è la radice culturale del mondo, come l’Italia è la radice culturale dell’Europa, come la Sicilia è la radice culturale d’Italia. Nel bene e nel male, nella buona e nella cattiva sorte: nessuna delle entità maggiori sarebbe sé stessa, senza ciascuna delle entità minori. E forse questo disprezzo delle proprie radici è alla base della decadenza di tutto l’Occidente.
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Molto prima che il Mondo imparasse odiare Bin Laden e il terrorismo islamico, il ruolo del cattivo nella storia del mondo era coperto da un siciliano: Riina, appunto. In fondo, negli ultimi venticinque anni Riina è stato ridotto ad essere la figurina di sé stesso. L’equivalente di quel che nelle figurine della Liebig era il Feroce Saladino, per quelli che sono abbastanza avanti negli anni da ricordarsi le figurine Liebig.
La sua morte ha rappresentato una specie di revival, con annessa calata a Corleone degli inviati da tutto il mondo, allo scopo di scoprire se i luoghi comuni sulla Sicilia erano ancora in buone condizioni. Ecco allora il microfono della telecamera spianato davanti al vecchio con la coppola, seduto davanti al circolo di conversazione del paese. Domanda: che persona era Riina? E quando il vecchio corleonese farfuglia la prima cosa che gli viene in mente, la troupe della televisione può tornarsene al centro del mondo col suo bottino: la Sicilia è sempre quella che era al tempo del Padrino con Marlon Brando. Forte della risposta esatta che già possiede – In questo caso: “Riina? Uno stronzo cattivissimo” - l’inviato televisivo non considera mai il contesto, soprattutto non considera che il vecchio di Corleone non ha un biglietto d’aereo in tasca per andarsene pure lui altrove. Il vecchio di Corleone a Corleone deve continuare a vivere anche dopo che le troupe televisive se ne sono andate. E se il vecchio di Corleone magari è un eroe, si sarà fatto due conti e avrà capito che esiste una bella differenza fra essere un eroe e fare l’eroe (davanti a una telecamera, in questo caso).
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Inservibile da tempo era Riina, vecchio, malato e isolato. L’unica utilità pratica della sua esistenza era ormai quella di incarnare per l’opinione pubblica un Male già collaudato. ‘U tinto conosciuto, si dice in dialetto, contrapponendolo al tinto, ossia cattivo, ancora da conoscere. La sua sopravvivenza di certo faceva da tappo all’impazienza di qualche capomafia emergente che adesso troverà campo libero. Ma forse è più costruttivo ragionare sui riflessi che la figura di Riina, e ora la sua assenza, può esercitare su di noi, cittadini ritenuti convenzionalmente perbene. A parte il gioco di parole, è vero: non devo temere la mafia in sé, devo temere la mafia in me.
La scomparsa di Riina, per tutti noi, siciliani e non, rappresenta in fondo la caduta di un alibi. D’ora in poi dobbiamo fare i conti con una realtà diversa, rispetto al passato in cui l’esistenza di un Cattivo conclamato e riconoscibile ci esentava da ogni riflessione ulteriore. La Mafia da oggi in poi perderà un po’ della sua consistenza minerale per assumere una forma liquida, per adoperare una espressione alla moda. Ma forse ancora di più: una forma gassosa, se è vero che nella vita di tutti i giorni, almeno per i siciliani, la Mafia è soprattutto una puzza. Una puzza insistente, insopportabile proprio perché non si riesce a individuarne la fonte e eliminarla.
Siamo pronti ad accettare una mafia allo stato gassoso? Una mafia altrettanto dannosa nelle pratiche ma meno sanguinaria ed eclatante? In fondo la mafia è già così da tempo. Il Nuovo Ordine si è sovrapposto al Vecchio Ordine ed è entrato a far parte del nostro orizzonte esistenziale un po’ alla volta. La nuova mafia è già fra noi e dentro di noi, infiltrata in dosi omeopatiche.



Roberto Alajmo | 27/11/2017 | Letto [1533] volte

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