ALLORA-MEGLIO-MORIRE-DI-SUBITO

L'invito a un convegno dal titolo "La longevità si conquista" è l'occasione per un paio di riflessioni.
Primo: fino a ieri mi invitavano ai convegni dei giovani scrittori. Dev'essere successo qualcosa nella percezione che il mondo ha di me.
Secondo: la longevità si conquista, ok. Ma a che prezzo? E ne vale la pena? Questo dovrebbero garantirmi medicina e stato sociale. Non una longevità qualsiasi, ma una terza età almeno dignitosa. Per cui, prima di prescrivermi esami di qualsiasi tipo, vorrei la certezza che valga la pena di vivere qualche anno in più domani in cambio di qualche sacrificio praticato oggi.
A confermare questa regola è l'eccezione del vaccino antiinfluenzale, che ogni anno mi garantisce una settimana in più di benessere. E me la garantisce oggi, quando sono ancora in condizioni di godermela. Non è detto che continui farmi il vaccino domani, quando magari sarò nelle condizioni di sperare che un'influenza mi porti via.
La sopravvivenza in sé non è un valore. A essere desiderabile è un punto di equilibrio fra longevità e dignità. Non me ne faccio niente di dieci anni di vita in più senza garanzie.
Diceva Woody Allen: ho smesso di fumare, vivrò tre settimane più a lungo. E in quelle settimane pioverà sempre.
E oggi, fra innalzamento delle aspettative di vita e mutamento climatico, si rischia di beccare una decina d'anni di pioggia ininterrotta.



Roberto Alajmo | 11/10/2017 | Letto [3123] volte

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