"Se non vai al funerale di una persona, non aspettarti che quella persona poi venga al tuo."
(Lawrence Peter 'Yogi' Berra)
Un italiano, un siciliano, vince il Tour de France da dominatore: e la cosa passa quasi in sordina.
Non che manchino le celebrazioni dell'orgoglio nazionale e isolano, ma è come se fossero in tono minore. Un riflesso condizionato, come quando ti danno una martellata sul ginocchio: reagisci, ma senza vero trasporto.
Il danno procurato da anni e anni di disillusioni, nel ciclismo si sentono. Ci siamo innamorati pazzamente di Pantani, e ci ha deluso. Meno campanilisticamente, c'era parsa eroica l'epopea di Armstrong contro il cancro. Ci ha deluso pure lui. E così tanti altri.
Ciclisticamente siamo diventati innamorati diffidenti, che vorrebbero ma non possono credere a un partner che sempre, in passato, ci ha tradito.
Nibali non c'entra con gli altri e col passato, e sarà un eroe puro. Ma noi siamo diventati vecchi, aspettando il vero amore: quando arriverà, se anche è arrivato, non siamo più in grado di riconoscerlo.