"Dio non esiste e noi siamo i suoi profeti"
(Cormac McCarthy, La Strada)
Nella recente polemica condominiale imperniata sul film di Emma Dante mi pare che ci sia qualche elemento di novità.
Non l’estrapolazione di un frammento di discorso su cui si è scatenata la violenza dei commenti on line. E nemmeno l’accanimento del genere Buttana Superba, Vattene da Palermo se non la Ami Abbastanza: un trattamento intensivo del genere era stato riservato a un’altra donna, Eva Riccobono, solo pochi giorni prima.
La novità che ritengo significativa è stata la difesa di Emma Dante da parte di una quota consistente di commentatori. Normalmente, quando qualcuno comincia a lanciare palle di merda, la caciara conseguente mette in fuga i commentatori più civili, che ci tengono a mantenere il decoro personale.
Stavolta no. Stavolta c’è stato chi non s’è tirato indietro e ha difeso una barricata che non lo riguardava personalmente, ma solo come cittadino di questa città.
Al di là di come finisca quest’ennesima guerra pezzente c’è da segnalare di buono questo: comincia a farsi strada l’esistenza del diritto-dovere di contrastare pubblicamente i paladini del cosiddetto “buon nome della Sicilia”.
Quel genere di persone secondo cui i panni sporchi si devono lavare in casa. E che, secondo Sciascia, sono quelli che i panni sporchi tendono a non lavarli mai. Né in casa, né fuori.