"Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,
che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare,
che io possa avere soprattutto lintelligenza di saperle distinguere.
"
(Tommaso Moro)
Cè qualcosa di terribile e definitivo, terribilmente definitivo, nella spiegazione di Philip Roth, quando dichiara che non scriverà mai più: Un altro libro non cambierebbe niente.
Terribile, definitivo, e anche universale. Perché, compresi quelli di Roth, non esiste un libro in grado di cambiare il mondo. Nessun libro ha mai davvero cambiato niente, se non a livello personale e individuale.
Persino dopo il Nuovo Testamento gli uomini hanno continuato come prima, a darsele di santa ragione. Se i libri si valutassero sulla base del cambiamento che producono nella società degli uomini, basterebbe questo a dichiarare le Sacre Scritture il più colossale fallimento della storia della letteratura, in relazione alle ambizioni e al numero di copie vendute.
In realtà, alla prova dei fatti, non funziona per niente così. Cioè: veramente i libri sono inutili a cambiare il mondo. Ma questo non è un buon motivo per rinunciare a scriverne.
La vita - è vero, quel che dice Roth - viene comunque prima.
Ma la vita per certuni consiste anche in questa fatica di Sisifo che è scrivere libri pur sapendo che è inutile scriverne.