"Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,
che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare,
che io possa avere soprattutto lintelligenza di saperle distinguere.
"
(Tommaso Moro)
(Da Il Mattino)
Spiegare il fenomeno Orlando a chi non è palermitano risulta difficile quanto spiegare il mare a chi non lha mai visto. È qualcosa di enorme e molto evidente, che però si sottrae alle definizioni. Gran materiale per un ritratto, se solo rimanesse fermo in posa per il tempo che serve. Ma non è il caso di Leoluca Orlando: cangiante, mercuriale, istrionico, eccessivo nel bene e nel male. Questultima battaglia del vecchio leone non è meno sorprendente delle altre: dopo aver spergiurato di non volersi candidare, eccolo candidato. E la sua Palermo, che nel frattempo si è concessa più di un giro di valzer con altri leader carismatici, è tornata a votarlo senza esitare. Ventanni fa era il paladino dellantimafia, adesso eccolo primeggiare in una stagione politica in cui il tema della mafia non è mai comparso nel dibattito pre-elettorale. La sensazione è che Cosa Nostra si sia presa un turno di riposo, come avvenne pure nel 93, in attesa di trovare qualche nuovo interlocutore. È significativo che allUcciardone e a Pagliarelli, le due carceri di Palermo, si sia registrato un inedito astensionismo di massa. Bisognerà vedere se in questa sua nuova incarnazione Orlando saprà superare quel massimalismo per il quale era ed è inviso almeno a metà dellopinione pubblica nazionale. Da lui è lecito aspettarsi di tutto.
(...)
Qualcuno può obiettare che nel caso di Orlando non si può certo parlare di Nuovo che Avanza, ma lanomalia palermitana si può ricondurre a un duplice movente.
Primo movente, molto letterario: Orlando rappresenta il sindaco dellinfanzia di Palermo. Giusto o sbagliato che sia, la sua candidatura è stata una specie di madeleine collettiva: il sogno proustiano di una città tuttaltro che proustiana. Quando cera lui, gli autobus arrivavano in orario o quasi. E certo: tutti eravamo più giovani.
Secondo movente, più spiccatamente politico: linconsistenza degli avversari. Di fronte allentusiasmo che Orlando ha profuso in campagna elettorale, alla sua capacità di parlare indifferentemente allanima aristocratica e a quella plebea di Palermo, i suoi giovani avversari devono essere sembrati altrettanti neofiti. La sensazione è che in realtà Orlando abbia mantenuto negli anni un suo elettorato trasversale e fedele, che di volta in volta gli è bastato o meno a vincere. Quando ha perso, molto semplicemente, cerano avversari meglio organizzati. Ma non era questo il caso.
Ora a contendergli il ballottaggio sarà Fabrizio Ferrandelli, suo ex discepolo che gli somiglia parecchio, essendo altrettanto popolare e populista. Ma messo a confronto con Orlando è parso ai palermitani il dottorino paragonato al dottorone: nella sapienza popolare meridionale è sempre meglio affidarsi allanziano luminare, piuttosto che al giovane talento e alla sua medicina ancora tutta da dimostrare. Esiste anche un apposito proverbio, non a caso adoperato da Orlando in campagna elettorale: megghio u tinto conosciuto che u bonu a conùscere. Meglio il cattivo conosciuto del buono ancora da conoscere. Per quanto cinico possa sembrare, è un ragionamento che lelettorato palermitano ha deciso di seguire. Lantipolitica conosce ragioni che la politica non conosce: ma le sa cavalcare benissimo.