"Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono, poi vinci"
(Gandhi)
(Da Repubblica)
A Palermo la parola chiave del 2012 è/dovrebbe essere un verbo. Il verbo quagliare. Il dizionario Treccani lo indica come una variante regionale di cagliare o "coagularsi". Soggetto sottinteso è il latte destinato a trasformasi in ricotta.
Ma in senso figurato quagliare significa venire a un risultato positivo.
Sarebbe ora, dopo che gli ingredienti migliori sembrano bollire nella pentola di Palermo ormai da molti mesi.
La cosiddetta società civile è andata alla riscossa, dando vita a comitati, associazioni e gruppi di pressione. Tanto fermento, però, finora è stato un brulicare senza forma, e anzi gli ingredienti della Felice Palermo che verrà sembrano essere ferocemente incompatibili fra loro.
Come se la prossima primavera fosse un dato già acquisito, e si trattasse solo di trovarsi una poltrona a sdraio che garantisca una bella abbronzatura sotto il sole dei futuri assetti di potere.
Il rischio sempre più evidente è che non si arrivi mai al quaglio e che Palermo, la Sicilia rimangano prigioniere delle beghe implacabili che lacerano anche le componenti sociali migliori.
Un rischio che Italo Calvino, in forma di metafora, individuò nel suo Ultimo viene il corvo. Lisola è diversa, ma il verbo quagliare cè, e vuol dire quello:
La Corsica sparì bevuta dalla luce, ma tra mare e cielo il confine non si quagliò: rimase quella zona ambigua e smarrita che fa paura guardare perché non esiste.