"Sono morto molte volte, ma come questa mai"
(Epitaffio di un attore, Asia Minore)
Forse il problema nasce dallaura di infondato romanticismo che circonda il mestiere di scrivere. E scrivere versi, in particolare.
Nellideale dizionario delle idee ricevute il poeta scrive di notte, in preda a una trance creativa, magari col supporto di qualche stupefacente, di sicuro con qualche superalcolico a portata di mano.
Nellesperienza reale, invece, quelli bravi scrivono di giorno, ruminando i propri versi nel corso di lunghe giornate di noia, dandosi una disciplina e sottoponendosi ad essa senza sconti.
La tendenza è di dare eccessiva importanza alla cosiddetta ispirazione. Inutilmente celebre è la famosa definizione attribuita di volta in volta a Hemingway o a Edison, secondo cui il genio è composto dalluno per cento di ispirazione e dal novantanove di traspirazione. Ossia studio, sudore, rigore, sistema, prassi.
Beninteso: ognuno è libero di trovare e applicare la propria disciplina, ma una disciplina è inevitabile.
La disciplina è una necessità ma anche un piacere, una gabbia che ci si crea e si arreda a piacimento, fin quando si riesce a trovarla ospitale. Ammissibili sono persino certi rituali scaramantici, che servono a ricreare latmosfera sciamanica, la magia della scrittura. Non è solo folklore: è ricerca di una propria sicurezza interiore. Purché qualcuno non ne approfitti e la usi come arma di ricatto psicologico nei confronti del lettore.
Sullingresso del manicomio di Agrigento campeggia una scritta:
Non tutti lo sono, non tutti ci sono
Il che si potrebbe assumere come slogan che vale per ogni talento artistico. Solo che in nome del malinteso mito del genio e sregolatezza, si è creata una fila di gente che vuole entrare in manicomio.
Ecco il vero pericolo: lillusione della trasgressione. Lanelito di annessione del talento fondato sulla base della semplice irregolarità.