"Piuttosto che doverci lasciare, allora tanto vale lasciarci"
(anonimo innamorato che preferisce non soffrire)
(Ancora un assaggio dei "49 martiri")
Non si respira. Lui lo sa che cos’č. Non vorrebbe saperlo, ma lo sa. Č fra le prime cose che gli hanno spiegato i colleghi, quando č arrivato a lavorare in miniera. Ossido di carbonio, si chiama. Sa tutto dell’ossido di carbonio. Tossisce e si porta istintivamente le mani alla bocca cercando di non respirare, di respirare il meno possibile. Ma per forza deve respirare.
Č l’8 agosto del 1956 a Marcinelle, oggi frazione di Charleroi, in Belgio. Camillo Iezzi, che ha ventisei anni, c’č arrivato da Manoppello, in provincia di Pescara, assieme a molti altri. Č una vita dura, ma sempre meglio che fare la fame al paese.
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Alle 8.10 l’ascensore si blocca. Capita, a volte: quella mattina č un vagoncino che rimane incastrato.
Tutto comincia per quel banalissimo vagoncino. L’ascensore si mette in moto prima che l´addetto riesca a disincastrarlo. Il vagoncino rimane mezzo fuori e mezzo dentro, e una sua putrella finisce per tranciare alcuni fili telefonici, la condotta dell’olio sotto pressione della bilancia idraulica, le condotte dell’aria compressa che alimentano i martelli pneumatici e due cavi elettrici ad alta tensione. La rottura di questi ultimi genera degli archi elettrici che appiccano il fuoco ad 800 litri di olio polverizzato. Nel pozzo c’č molto legno e un ventilatore di superficie, quindi abbondanza di ossigeno: l´incendio č violentissimo. Ma non č il fuoco che uccide; sono il fumo e l´ossido di carbonio, il famoso ossido di carbonio che nel giro di poco invade tutte le gallerie della miniera.
Tra le 9.30 e le 10.15 del mattino si spezzano anche i cavi di estrazione utilizzati dai soccorritori per cercare di salvare i sopravvissuti. La trappola č sigillata.
A casa, la moglie di Camillo si sveglia. Dalla finestra vede fumo, fumo dappertutto. Allora corre in miniera lasciando la bambina che dorme a casa, da sola. Arrivata alla miniera i cancelli sono chiusi, ma fuoco e fumo sono ovunque. A quel punto sviene.
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Poi una notte di novembre Maria sogna il marito che le dice: “Non preoccuparti, quando nascerŕ la bambina io starň vicino a te”. “Ma come fai a stare vicino a me se tu sei in Belgio?”, chiede Maria in sogno. E lui ripete: “Non ti preoccupare, quando nasce l’altra bambina io sto vicino a te”.
Il 27 novembre 1956 č la data fissata per il ritorno a Manoppello dei cadaveri delle vittime. Č in quello stesso giorno che nasce la seconda figlia di Camillo Iezzi.
