"Che io possa avere la forza di cambiare le cose che posso cambiare,
che io possa avere la pazienza di accettare le cose che non posso cambiare,
che io possa avere soprattutto lintelligenza di saperle distinguere.
"
(Tommaso Moro)
Omaggio a un matto italo-argentino, la cui vicenda è emblematica del rapporto che lega molti antichi emigrati italiani alla cosiddetta madrepatria.
Luigi Barolo aveva la fissa di Dante Alighieri. Per cui, quando decise di farsi costruire a Buenos Aires una sede di rappresentanza per la sua azienda tessile, diede allarchitetto una committenza precisa: più che un palazzo, voleva un tempio celebrativo che potesse ospitare le ceneri del Sommo Poeta. E del resto in passato lItalia aveva abbastanza strapazzato i resti di Dante.
Il palazzo in Avenida de Mayo venne completato nel 1923. Palesemente sovradimensionato: per alcuni anni fu ledificio più alto di tutte le Americhe.
La committenza celebrativa venne rispettata: citazioni della Commedia sulle pareti, strutturazione in tre parti inferno, purgatorio e paradiso - , piani suddivisi in cieli e gironi infernali, eccetera. Persino linaugurazione avvenne il sette giugno, anniversario della nascita di Dante.
Una volta realizzato il tempio-palazzo, Luigi Barolo fece tutti i passi necessari, scrisse a Mussolini e a tutti i ministeri possibili. Aspettò. Aspettò a lungo, senza mai smettere di scrivere e senza che nessuno ritenesse di dovergli rispondere.
Morì che ancora aspettava che dallItalia gli mandassero le ceneri di Dante.