APPUNTI-DI-VIAGGIO:-ELLIS-ISLAND

Come doveva apparire la Statua della Libertà ai passeggeri di terza classe che ci passavano davanti prima di approdare a Ellis Island? Cosa doveva apparire?
Escludendo che la maggior parte di loro riuscisse a leggere l’iscrizione sul basamento - che esorta le genti a migrare, e a migrare in America - tutto il senso è concentrato nella fiaccola che la statua tiene nella mano destra.
Diverse testimonianze concordano che in vista della città, si accendessero delle discussioni, fra i passeggeri di terza classe. E’ proprio sicuro che si tratta di una fiaccola? Proprio sicuro che si tratti di un simbolo di libertà? Non è troppo lunga? Non potrebbe invece essere una spada, una daga che promette di fare giustizia? E in questo caso, c’è da fidarsi?
12 milioni di persone entrarono negli Stati Uniti fra 1892 e il ‘24 passando da Ellis Island.
Era l’isola-limbo, il luogo in cui i due opposti di dolore e speranza si toccavano. Era, pure, il punto di contatto pressocché unico di due mondi, il nuovo e il vecchio, che per il resto non si toccavano praticamente mai.
Funzionava come una gigantesca centrifuga, nella quale semi, buccia e impurità venivano eliminate. Restava l’essenza, e una identità nuova di zecca. Questo rappresentano i tanti cognomi Newman che si trovano negli Stati Uniti: il lavaggio centrifugato di una identità precedente. Un cognome troppo difficile da pronunciare e un funzionario sbrigativo che si arrogava il diritto di ribattezzare l’aspirante Uomo Nuovo. Newman, appunto.
Certo, malgrado la sobrietà dell’allestimento museale è difficile evocare quei milioni di dolori e speranze che passarono da qui a cavallo fra i due secoli. Forse prima del restauro le pareti spoglie, e i resti sparsi degli arredi, visitati in solitudine, potevano servire a rendere un’idea. Adesso i traghetti che scaricano turisti non somigliano per niente ai piroscafi che furono. E i flussi dell’immigrazione passano lontano da qui.
È la museificazione della memoria. Che equivale alla sua sterilizzazione.



Roberto Alajmo | 06/01/2011 | Letto [2780] volte

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